Lo schiavismo dei neri è stato per lungo periodo un elemento fondamentale nell’economia degli Stati Uniti. Questa, infatti, a causa dei residui dell’organizzazione coloniale, dipendeva in modo particolare dai prodotti agricoli delle piantagioni su larga scala. Il cotone, il tabacco e simili venivano coltivati negli Stati del sud per poi essere comprati, lavorati e messi in commercio dagli Stati del nord, in un meccanismo di dipendenza reciproca. Nel 1815 la tratta internazionale degli schiavi fu resa illegale in Gran Bretagna, seguita da gran parte degli altri Paesi europei, i maggiori fornitori per l’America. Nonostante questo, nel 1815 quasi nessuno negli Stati Uniti credeva fosse possibile abolire la schiavitù senza causare il collasso dell’economia e dell’ordine sociale. Solo nel 1830 nasceranno dei significativi movimenti abolizionisti.
Indice
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Un’economia fondata sull’agricoltura schiavista
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La vita degli schiavi
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La nascita del movimento abolizionista
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Abraham Lincoln ed il nuovo quadro economico americano
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La guerra di secessione
Un’economia fondata sull’agricoltura schiavista
La schiavitù comparve per la prima volta in Nord America nel 1619, in Virginia, anche a causa della necessità dell’allora colonia inglese di competere con le rivali, soprattutto spagnole, del Sud e Centro America, che già ne facevano ampio uso. Prima della colonizzazione dei territori dell’ovest, l’economia statunitense dipendeva ancora dalle piantagioni del sud e, quindi, dal lavoro degli schiavi. Nel 1815, però, la tratta degli schiavi fu resa illegale in gran parte dei Paesi europei da cui gli Stati Uniti compravano. Così, per non restare senza manodopera, i proprietari delle tenute nel sud iniziarono ad incentivare i lavoratori in loro possesso a fare figli. Questa politica si rivelerà più efficace del previsto. Infatti, fra il 1815 ed il 1860, gli schiavi negli Stati Uniti passarono da 1,5 milioni a circa 4 milioni.
Oltre ad essere una fonte di forza lavoro gli schiavi erano visti, al sud, come un vero e proprio capitale. Il commercio interno, con i lavoratori neri usati come merce, era molto attivo e florido, soprattutto dopo la fine delle tratte dei negrieri. Con l’espansione ad ovest e la conquista di nuovi terreni, i proprietari speravano di arricchirsi vendendo i loro schiavi in eccesso ai nuovi coltivatori.
La vita degli schiavi
Gli schiavi neri potevano essere sottoposti a pene corporali, erano obbligati ad obbedire a qualsiasi ordine del padrone che non violasse la legge e non c’erano limiti ai ritmi di lavoro imposti. Tuttavia, a differenza di com’era in precedenza nelle piantagioni del Centro e Sud America, non potevano essere uccisi. Per molti versi, la loro condizione di vita era simile a quella del proletariato operaio in Europa e nel nord degli USA.
I neri erano sottoposti anche ad abusi fisici ma spesso, rispetto agli operai liberi delle industrie, avevano una maggiore disponibilità di cibo. Da parte degli schiavisti del sud c’era più attenzione alla salute dei lavoratori rispetto agli industriali del nord ed europei. Infatti, rimpiazzare uno schiavo morto o malato comprandone uno nuovo era molto oneroso, in media costava circa 800 dollari nel 1860, uguali a 26.188 dollari di oggi. Un operaio, invece, poteva essere sostituito senza alcun onere, semplicemente pagando ad un altro lo stesso stipendio.
Dal 1815 il flusso di schiavi dall’Africa fu interrotto. I proprietari delle piantagioni del sud misero allora in atto politiche finalizzate a favorire la natalità tra gli schiavi. Questo causò un’esplosione demografica, portando il numero di schiavi a passare da circa 1,5 milioni di individui nel 1815 a 4 milioni nel 1860. In questo periodo, con sempre più lavoratori neri nati negli Stati Uniti, nacque una vera e propria cultura parallela afroamericana. Questa era un’unione fra la cultura statunitense ed elementi dei Paesi d’origine degli schiavi.
I neri liberi
Negli Stati Uniti, soprattutto nel nord, vivevano anche diversi afroamericani liberi. In tutto il Paese, però, questi erano soggetti ad importanti limitazioni dei diritti civili. I neri non potevano svolgere molte professioni, non potevano usufruire di diversi servizi pubblici e non avevano diritto di voto. Era proibito impartire un’istruzione agli schiavi ed anche alle persone di colore libere era precluso l’accesso alle università ed alle scuole frequentate da bianchi.
Questi aspetti legali, in parte, sopravvivranno in molti Stati USA fino agli anni ’70 del ‘900, quando le ultime leggi razziali americane saranno abolite dopo imponenti proteste.
La nascita del movimento abolizionista
Il movimento abolizionista della schiavitù nacque negli anni ’30 dell’800, con la nascita delle prime associazioni significative che si battevano per la liberazione degli afroamericani. In particolare, a Boston nel 1831 fu fondata la New England Anti-Slavery Society. L’opinione pubblica, sia del nord che del sud, accolse con molta diffidenza il movimento abolizionista nei primi anni. Questo tuttavia, molto lentamente, acquisì sempre maggior seguito, soprattutto negli Stati del nord. Le proteste degli abolizionisti erano quasi sempre pacifiche, i casi di violenza sono stati molto rari.
Abraham Lincoln ed il nuovo quadro economico americano
Nel 1860 alla Casa Bianca fu eletto Presidente il repubblicano Abraham Lincoln. Lincoln aveva una posizione abolizionista moderata e, all’inizio, prevedeva di lasciare che gli Stati del sud impiegassero gli schiavi neri. Dal 1815, però, la situazione economica era cambiata in maniera importante. Con la sempre maggiore colonizzazione dell’ovest si era andata ad affermare la figura dei freesoiler. Questi erano una moltitudine di piccoli agricoltori entrati in concorrenza con il sud nel vendere i loro prodotti al nord. Tra i freesoiler non era diffuso l’utilizzo di schiavi.
Lincoln, dopo essere stato eletto, proibì la schiavitù in tutti gli Stati che già non la utilizzavano. Questo, però, andava contro gli interessi dei grandi proprietari del Sud. La popolazione di schiavi, infatti, era esplosa ed al sud erano più di quanti ne servissero. Gli schiavisti puntavano, quindi, ad arricchirsi iniziando un commercio di schiavi con gli Stati dell’ovest, possibilità bloccata dall’intervento di Lincoln.
Divergenze oltre la schiavitù
Oltre alla questione degli schiavi, Stati del nord e Stati del sud avevano, nel 1860, interessi divergenti in termini di politica economica e monetaria. I primi infatti, con un’economia industriale, volevano un maggiore protezionismo sui prodotti lavorati ed una valuta forte, per difendere i loro prodotti lavorati dalla concorrenza straniera e facilitare l’import di materie prime. Dal sud, invece, volevano una valuta più debole ed una maggiore apertura al mercato internazionale, per favorire l’export di materie prime e poter comprare prodotti finiti dall’estero.
La guerra di secessione
Le tensioni, soprattutto economiche, fra nord e sud sfociarono, nel 1861, nella secessione di Carolina del Nord, Carolina del Sud, Mississipi, Florida, Georgia, Alabama, Lousiana, Arkansas, Texas, Virginia e Tennessee dagli Stati Uniti. Questi andarono a fondare gli Stati Confederati d’America. La risposta del governo federale non si fece attendere e, nello stesso anno, ebbe inizio la guerra di secessione americana. Questa causerà circa 600 mila morti e si concluderà nel 1865, con la vittoria del nord.
Dopo la guerra sarà promulgato il XIII emendamento alla Costituzione, proibendo la schiavitù a livello federale.