Il 4 marzo 1933 Franklin Delano Roosevelt venne eletto presidente degli Stati Uniti d’America. Egli aveva già le idee ben chiare sul modo di operare, infatti battezzò la sua manovra con il nome di New Deal, ovvero “nuovo accordo”. Le novità portate da Roosevelt non furono solo di natura politico-economica, mirate all’uscita dalla crisi, ma consistettero anche nell’instaurazione di un nuovo clima culturale, di un nuovo programma civile e ideale proposto alla nazione, che poi si vedrà essere ripreso dai successivi presidenti democratici americani. Senza dubbio il New Deal fu prevalentemente un programma di natura economica, essendo appunto l’economia statunitense il problema principale.
Per trovare una via di fuga dalla crisi, il Presidente si appellò al suo “brain trust”, ovvero ad un gruppo di economisti, tecnici e sociologi di fiducia che lo consigliava. La conclusione alla quale arrivarono fu che sarebbe stato fondamentale introdurre nel sistema capitalistico statunitense l’intervento dello Stato nell’economia. Il pensiero economico di John Maynard Keynes ebbe una parte centrale e fu la base della struttura economica e del piano d’azione architettato dal presidente Roosevelt.
Il ruolo dello stato nell’economia è uno dei temi più controversi e discussi ancora oggi. La politica economica del New Deal si focalizzò principalmente sui seguenti temi: sostegno della domanda, anche a costo di provocare un pesante deficit del bilancio statale e un forte aumento del carico fiscale; introduzione di misure di ordinamento e di controllo dell’attività economica di banche e imprese private; adozione di provvedimenti di carattere sociale in favore delle fasce più povere della popolazione; avvio di un rapporto di collaborazione con i sindacati, che da oppositori diventarono così interlocutori fondamentali del governo; massiccia opera di propaganda, svolta soprattutto attraverso la radio, al fine di creare nel Paese un clima positivo e ottenere consenso per le scelte del governo.
Per sostenere il suo programma il Presidente assunse 5 principali provvedimenti. In primo luogo il 9 marzo 1933, con l’Emergence Banking Act, si aumentarono i poteri di controllo della Banca Federale (FED) sul sistema economico-bancario e creditizio. Questa mossa fu fondamentale, al fine di permettere un maggiore controllo e supervisione su un mercato che oramai era a briglie sciolte. Pochi giorni dopo, più precisamente il 12 marzo 1933, con l’Agricultural Adjustement Act si assicurarono prezzi agricoli costanti, anche a costo di distruggere derrate alimentari per ridurre l’offerta sul mercato. Successivamente, il 18 maggio 1933, venne creato l’ente federale Tennessee Valley Authority al fine di impiegare centinaia di migliaia di giovani in opere di carattere civile, misura fondamentale al fine di ridurre la disoccupazione che con la crisi aveva toccato livelli mai visti precedentemente. Il 16 giugno del 1933, con l’emanazione del National Industrial Recovery Act, si stanziarono ingenti fondi per i lavori pubblici, misure per limitare la concorrenza fra imprese, sostenere i prezzi e garantire un salario minimo ai lavoratori.
Due anni dopo Roosevelt promosse importanti riforme di natura sindacale e previdenziale, inesistenti fino a quel momento negli Stati Uniti. Il 5 luglio 1935 con il National Labor Relations Act, noto anche come Wagner Act, si iniziarono a riconoscere formalmente i diritti sindacali (compreso quello di sciopero). Infine, il 14 agosto 1935, con il Social Security Act si iniziarono a concedere le indennità di disoccupazione, di malattia e di vecchiaia. Da qui ebbe inizio la rinascita americana con il nuovo modello di cittadino onesto e lavoratore.
Grazie a questo piano gli USA diventarono oggetto di un rimescolamento sociale senza precedenti: la solidarietà, il mutualismo e l’intervento statale massiccio nell’economia improvvisamente trovano spazio in una società che prima aveva puntato tutto sull’individualismo e l’arricchimento personale.