Di Warren Buffett, «l’Oracolo di Omaha», si è già parlato in un altro articolo, oggi pertanto si andrà a vedere più da vicino quali sono i principali fondamenti della strategia di investimento del terzo uomo più ricco al mondo, che può vantare un patrimonio di ben 84,2 miliardi di dollari.
Buffett ritiene che la prudenza sia uno dei tratti essenziali della mentalità di un buon investitore, questo implica che si deve agire esclusivamente sulla base di ciò che si sa e si comprende, ossia restando nella propria sfera di competenza, solo dopo aver svolto un attento lavoro di analisi e studio dell’oggetto dell’investimento. Questo principio consiste nel coniugare l’ampiezza della ricerca, ossia ottenere il maggior numero di informazioni possibili, con l’attenzione ai dettagli che spesso possono fare la differenza per comprendere il vantaggio competitivo delle aziende ed per stimarne l’andamento nel tempo. Buffett, inoltre, consiglia di investire in aziende con eccellenti fondamentali economici, che siano semplici, comprensibili e prevedibili, non dipendenti da fattori tecnologici in rapida evoluzione.
Il principio della sfera di competenza è di importanza cruciale e consiste nell’investire in ciò che realmente si conosce, ossia in aziende di settori dei quali non solo si conosce la storia, ma di cui si comprendono anche i meccanismi di funzionamento. Come rispose Buffett, durante una riunione degli azionisti, ad una domanda del pubblico
Se non siete in grado di scrivere un testo in cui spiegate “perché comprerò l’intera azienda alla valutazione attuale”, è meglio che non compriate neppure cento azioni.
Buffett, a questo suo principio, ha aggiunto che
non è un peccato mortale lasciarsi sfuggire un’ottima occasione se ricade al di fuori della propria area di competenza
in quanto il buon investitore, a differenza dello speculatore, deve ricercare opportunità di guadagno esclusivamente all’interno dei settori di cui è competente. In questa ottica, sono da considerarsi “occasioni perse” solamente quelle opportunità legate alla propria zona di competenza, ma che non sono state sfruttate. Un esempio eclatante di questo metodo fu che, nonostante la loro vertiginosa crescita, Buffett non investì nelle Internet Companies negli anni ’90, in quanto non si riteneva in grado di prevederne l’andamento. In questa prospettiva appare dunque evidente l’importanza non solo della consapevolezza che l’investitore deve avere dei limiti e dell’estensione delle proprie competenze, ma anche della necessità di ampliare sempre più questa area al fine di individuare un numero maggiore di occasioni di guadagno.
Il mio arco temporale in cui conservare un titolo è: per sempre.
L’orizzonte temporale prediletto da Buffett è il lungo termine, il che si sposa perfettamente con i suoi principi di investimento. Infatti, investendo solo in aziende di cui si può stimare con certezza il valore effettivo, è necessario aspettare che il mercato dia una valutazione in linea con il valore individuato, e affinché ciò avvenga, ammettendo l’ipotesi di mercato irrazionale, può servire anche molto tempo. È dunque chiaro che per Buffett l’investitore deve compiere delle scelte fondando il suo giudizio sul valore reale delle società, ottenuto dalle sue stime, piuttosto che su quello di mercato. Poiché la borsa può tardare a dare la giusta valutazione ad un titolo, anche se prima o poi lo farà, è opportuno sviluppare un orizzonte di lungo termine, considerando chi ha davvero i mezzi per crescere in futuro. Ciò consente di introdurre un altro caposaldo nella strategia di investimento, l’indipendenza di giudizio. Solo prendendo le proprie decisioni in relazione al valore reale, che si deve opportunamente stimare, e non al valore rilevato dal mercato si potrà essere veramente indipendente dal giudizio altrui. Questo aspetto è considerato da Buffett di estrema rilevanza poiché, come ha affermato,
per ogni bolla c’è uno spillo che la attende.
“L’Oracolo di Omaha” sottolinea l’importanza dell’indipendenza di giudizio soprattutto nei momenti di maggior fervore di borsa, ossia quando si vanno a formare bolle speculative, in cui tutti i partecipanti fanno profitti a prescindere dal metodo adottato, ed entrano nuovi operatori nel mercato innescandosi il meccanismo psicologico del “non posso perdermi la festa”. Proprio in questi momenti la capacità di valutare da soli i vari casi particolari è essenziale per un investimento di successo.
Un altro principio, di cui Buffett però parla molto di rado, è quello inerente al prezzo d’acquisto. Quest’ultimo impone di rilevare aziende con una spesa contenuta, in quanto non bisogna mai fare «[…] affidamento su una buona vendita futura: assicuratevi che il prezzo d’acquisto sia così attraente che anche una vendita mediocre possa dare buoni risultati». In realtà non parla mai nel dettaglio dei livelli di prezzo da lui considerati attraenti per particolari e singoli titoli, tuttavia ritiene che se un investitore non riesce a trovare titoli azionari che soddisfino i suoi requisiti di valore/prezzo, deve astenersi dall’investire. Tra tutti gli indicatori a disposizione per la valutazione di titoli (P/E, DIV/P, la q di Tobin, ecc.) Buffett predilige il MC/GDP (capitalizzazione di mercato/PIL) ritenendo che «se il rapporto percentuale scende fin verso il 70 e 80 per cento, l’acquisto di titoli si fa conveniente. Se il rapporto si avvicina al 200 per cento allora si […] scherza con il fuoco».
La fonte principale di questo Approfondimento è il libro Investire come Warren Buffett. Strategie di acquisizione e value investing per guadagnare in borsa di Elena Chirkova (Ed. HOEPLI, 2016).