La self-help economy o self-improvement consiste nell’intraprendere un percorso guidato di auto-miglioramento della propria condizione personale e soprattutto psicologica. Secondo tale approccio il carattere e lo stato emotivo di una persona sono fattori fondamentali per il successo anche in ambito economico.
Il diciannovesimo secolo: gli inizi dell’auto-aiuto
Nel 1859 Samuel Smiles inaugurò un nuovo modo di vedere il rapporto dell’individuo con l’economia, con la pubblicazione del libro Self Help with Illustrations of Conduct and Perseverance, considerato come il primo studio sul self-improvement nella Storia. Il contesto storico e teorico di Smiles, nel diciannovesimo secolo, era contraddistinto dall’affermarsi del liberalismo classico e del capitalismo di libero scambio. Lo spirito del tempo era ideale per l’affermarsi della nuova idea dell’auto-aiuto. Vennero vendute oltre 4 milioni di copie del libro di Smiles, che se nel ventunesimo secolo sarebbero tante nel diciannovesimo erano un’infinità.
Ventesimo secolo: il boom
Durante gli anni ’20 del ‘900, il farmacista Emile Coué pubblicò i suoi studi sull’ipnosi nell’opera Self Mastery Through Conscious Autosuggestion. Il libro mirava a spiegare la Legge dell’Attrazione, secondo cui i pensieri positivi attirano a loro volta esperienze positive, con lo stesso discorso valido anche in negativo. La teoria di Coué legittimò addirittura, diventandone uno dei principi base, un movimento religioso, il New Thought Movement. Nel ventunesimo secolo il pensiero di Coué è ancora uno dei maggiori fondamenti della self-help economy.
Agli albori della crisi del ’29, con la Grande Depressione che si abbatté in primis sull’economia statunitense e poi in breve tempo su tutto il mondo, la pubblicazione di libri sul self-help aumentò in modo vertiginoso. Alcuni sono ancora nel 2020 best-seller, tra cui Think and Growth Rich di Napoleon Hill e How to Win Friends and Influence People di Dale Carnegie. Le scoperte relative a questo campo di ricerca iniziarono ad essere pubblicate periodicamente su riviste dedicate.
Durante gli anni ’80 e ’90 nacque un vero e proprio mercato della self-help economy, che raggiunse anche il mondo della TV statunitense. Tony Robbins ed Oprah Winfrey divennero i principali guru televisivi, fornendo mantra e raccomandazioni su ogni possibile argomento sul rapporto con la vita.
I numeri
L’industria del miglioramento personale guidato comprende libri, programmi tv, seminari ad-hoc, conferenze, applicazioni di benessere per lo smartphone, corsi online e coaching privato. Nel 2016 questo mercato valeva 9,9 miliardi di dollari. Market Research nel 2020 stima che esso raggiungerà un valore di 13,4 miliardi di dollari entro il 2022, con un CAGR del 5,6%. Il 94% dei millennials statunitensi considera il miglioramento personale un fattore chiave per il proprio sviluppo, destinandogli oltre $300 al mese.
Anti Self-Help
Nel ventunesimo secolo l’anti self-help è emerso come trend contrario alla self-help economy. Ad esso aderiscono tutti coloro che si dimostrano scettici ai mantra ed ai consigli motivazionali. Questi ritengono necessario accogliere con serenità i momenti negativi e convivere con i propri limiti personali. Oliver Burkeman ad esempio, autore di The Antidote: Happiness for People Who Can’t Stand Positive Thinking, suggerisce di accettare le circostanze della propria esistenza, con un focus sui momenti difficili.
Mark Manson muove una critica al Self-Help in The Subtle Art of Not Giving a Fuck. Manson crede infatti che evidenziare le qualità che l’individuo non possiede, idealizzando modelli utopici di comportamento, non fa altro che peggiorare l’autostima nella maggior parte del pubblico. L’autore invita quindi ad abbracciare le proprie manchevolezze per stare meglio con se stessi.
“Il desiderio di più esperienze positive è di per sé un’esperienza negativa” (Mark Manson)