I mercati, dopo anni di crescita sfrenata, sembrano non voler ancora frenare la loro corsa, spinti secondo alcuni da un’euforia irrazionale. In molti si interrogano sulla possibilità di trovarsi all’interno di un’enorme bolla finanziaria, alcuni tentano di prevederne lo scoppio, altri si astengono dal commentare nella speranza che la fase di rialzo continui. In realtà in questi ultimi mesi si è avvertito un leggero mutamento all’interno dei mercati, come se tutti gli operatori si stessero preparando all’inevitabile correzione, ma nonostante le notizie sempre più negative provenienti da tutto il mondo i mercati non hanno mostrato segno di cedimento.
Le ragioni della crescita
È possibile che gli operatori sottovalutino i rischi provenienti dal possibile crack bancario cinese, o dalla crisi tra USA e Nord Corea? Hanno sicuramente dato poco peso alla “insurrezione” catalana e ai catastrofici eventi climatici verificatisi in questi ultimi mesi. Alcuni osservatori come Robert Shiller, premio Nobel per l’Economia, sostengono che le similitudini tra le valutazioni odierne dei mercati e quelle del periodo pre-crisi del 1929 sono incredibili. Il professore di Yale ha però più volte affermato che non prevede un crash imminente: secondo lui, alla base di questa forte e prolungata crescita ci sarebbero delle forti motivazioni psicologiche come l’aspettativa di tagli alle tasse e la convinzione che l’economia stia per attraversare una fase di boom a livello globale. Shiller non si dice dunque preoccupato, anche perché gli investitori non si stanno indebitando per acquistare sul mercato e la regolamentazione post 2008 ha fatto sì che pratiche troppo audaci effettuate da banche e istituti finanziari andassero scemando. In tale contesto di ottimismo sembra che notizie negative anche sul fronte economico non turbino la quiete degli operatori. L‘indice CBOE Volatility (VIX), che misura la volatilità implicita dell’S&P500 ed è anche noto come “indice della paura”, si trova infatti a minimi dal 2011. Pur non essendo un indicatore affidabile al 100%, esso dimostra che i mercati stanno attraversando un’apparente fase di calma.
Il rischio cinese
Tra le altre fonti di preoccupazione degli operatori ci potrebbe essere la situazione economica cinese: infatti da qualche tempo il gigante asiatico non cresce più. In realtà la situazione non è esattamente drammatica, di fatto la Cina ha registrato una debole crescita nei primi otto mesi dell’anno e un leggero calo (-0,2%) dell’attività delle grandi imprese durante i mesi estivi ed anche le prospettive delle vendite al dettaglio hanno sottoperformato le stime. Tuttavia quello che forse spaventa di più è l’enorme crescita del rapporto Debito/Pil, schizzato al 300% (rispetto al 150% del 1995 e il 200% del 2009). Ma nonostante ciò il tasso di disoccupazione delle maggiori 31 città cinesi rimane stabile sotto il 5% e il tasso di crescita dei prezzi al consumo risulta nell’intorno dell’1,8%. La Cina continua a mirare ad una crescita del 6,5% (in calo rispetto al 2016). Da osservare che nell’ultimo anno si sono registrati investimenti in tecnologie avanzate per un +19,5%, mentre l’industria legata all’ecosostenibile ha visto un incremento di investimenti del +28%.
Uno degli economisti cinesi più influenti, Fan Gang (presidente del China Development Institute e Direttore dell’Istituto di ricerca economica), è fermamente convinto della solidità dell’economia cinese, che starebbe semplicemente operando un soft landing. Dopo anni in cui l’economia si è surriscaldata si è passati ad un rallentamento controllato al fine di correggere la capacità e gli investimenti in eccesso, per poi seguire con un periodo di qualche anno su livelli di crescita nettamente inferiori e ripartire a processo completato. Gang ha ammesso che in Cina al momento sono presenti degli istituti finanziari che sono dei veri e proprie zombie e che un utilizzo spropositato della leva finanziaria ha creato delle situazioni di forte stress nel comparto bancario, ma questo non intacca il suo ottimismo: secondo l’economista, questi problemi sarebbero al vaglio del Governo centrale, che sta lavorando per risolverli. Il Governo cinese controlla regolarmente le banche e ha inserito da poco una nuova categoria nella classificazione dei crediti in sofferenza per evidenziare prestiti a rischio insolvenza (i cosiddetti Questionable).
Le previsioni degli analisti
Ma non tutti sono ottimisti come il professor Shiller e Mr. Gang. Alcuni analisti di Morgan Stanley, come Mark Wilson, sono convinti che la correzione del mercato arriverà presto, probabilmente nel 2018, ma non prima di aver toccato altri massimi storici. Secondo Wilson in particolare l’S&P500 dovrebbe arrivare a quota 2700 punti per l’inizio dell’anno, prima di attraversare una fase di ribasso che lo porterebbe a perdere più del 20%. A sostenere i rialzi che da qui ai primi mesi del 2018 dovremmo vedere sui mercati saranno, secondo l’analista, in primo luogo i bilanci del terzo trimestre delle aziende USA e poi le prospettive di crescita legate al piano fiscale di Trump. Ovviamente queste stime sono frutto di ipotesi che, soprattutto nel caso dei mercati finanziari, vengono smentite dai fatti molto spesso. Se i mercati dunque continueranno il rally positivo o subiranno una brusca correzione non è dato sapere. La sensazione che l’azionario sia sopravvalutato è ormai avvertita dalla maggioranza degli operatori e la prospettiva di un rialzo dei tassi è ormai imminente, ma bisognerà attendere per scoprire se l’euforia continuerà ad inebriare le menti degli investitori o se uno scossone economico inatteso riporterà tutti con i piedi per terra.