Lo smart working è una modalità di lavoro riconosciuta dal punto di vista legale con la legge numero 81 del 22 maggio 2017. Questo consiste nel lasciare ai lavoratori dipendenti quasi assoluta libertà per quanto riguarda il luogo e gli orari di lavoro. Infatti, come riporta il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al lavoratore in smart working possono solo essere imposti limiti per quanto riguarda <<fasi, cicli e obiettivi>>. Quindi, il datore di lavoro non può chiedere al dipendente di restare on-line per una determinata fascia oraria, deve essere garantito il così detto diritto alla disconnessione. Può essere richiesto, invece, di portare a termine degli obbiettivi entro certe scadenze.
Come si entra in smart working
Secondo la legge 81\2017 per entrare in smart working, detto anche lavoro agile, è necessario un contratto individuale fra datore di lavoro e dipendente. Esso deve essere volontario per entrambe le parti, con l’eccezione del caso di genitori con figli molto piccoli o disabili, ai quali il diritto a lavorare da casa deve essere garantito finché necessario. Nel contratto, in tutti i casi di smart working, non possono essere incluse penalità per quanto riguarda lo stipendio nè è possibile caricare di lavoro chi ne usufruisce più degli altri dipendenti in sede.
I contratti per lo smart working possono essere a tempo determinato o indeterminato. Quelli a tempo indeterminato, tranne nel caso di genitori con figli disabili, possono essere rescissi in qualsiasi momento con un preavviso di almeno 30 giorni. Se a tempo determinato, invece, la fine anticipata del periodo di lavoro agile deve essere accompagnata da una valida giustificazione.
Il lavoro in smart working
Di regola lo smart working non prevede in toto un lavoro fuori dall’azienda e dall’orario previsto. Secondo la legge 81\2017 è possibile alternare l’attività da casa o da altri luoghi a quella regolare in sede. Anche nel contratto che da inizio al periodo di lavoro agile è possibile richiedere la presenza del dipendente in alcuni giorni, fasce orarie o in occasioni particolari. Inoltre, il datore di lavoro è responsabile degli strumenti tecnologici necessari al dipendente per lavorare da casa. Questo non significa che egli è obbligato a fornire computer, connessione e tutto quello che può servire. Significa che se l’azienda subisce danni o cali di produttività dovuti agli apparecchi di cui il dipendente dispone per lavorare da casa la responsabilità non è del lavoratore. Inoltre, se previsti, il lavoratore in smart working non avrà diritto ai buoni pasto o ai ticket per la mensa.
Lo smart working con il coronavirus
Con l’emergenza coronavirus in Italia le modalità dello smart working sono cambiate per renderlo più semplice. Le modifiche sono entrate in vigore a partire dal 1 marzo 2020. Innanzitutto non è necessario, per tutta la durata dell’emergenza, ricorrere alla forma del contratto individuale. Le aziende possono mandare i loro dipendneti in smart working attraverso un unico contratto collettivo. Inoltre, sono state potenziati gli strumenti telematici per poter concludere il tutto senza che nessuno abbia la necessità di uscire di casa.
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Lo smart working non è stato reso obbligatorio ma i datori di lavoro possono decidere se ed in che misura applicarlo. A meno che non sia previsto dal contratto, il dipendente posto nella condizione di lavoro agile non potrà recarsi mai in azienda. Infatti, con il divieto di uscire senza giustificazione, per chi è in smart working non conterebbe la motivazione del lavoro e, quindi, rischierebbe problemi legali se fermato dalla polizia. Inoltre, chi è in quarantena o in isolamento fiduciario per legge non può eseguire in nessun caso prestazioni lavorative.