La scienza economica si è da sempre soffermata sul modo in cui gestire il tempo a disposizione in maniera ottimale, senza però considerare le ore da destinare al sonno. Il tempo rappresenta una risorsa scarsa, necessaria e vendibile attraverso il lavoro. La sua gestione è quindi un’attività fondamentale che tutti devono mettere in pratica ogni giorno. In microeconomia, il reddito pieno di un individuo è il risultato della somma tra le spese connesse al consumo, il risparmio e le entrate connesse alle ore di lavoro. Perciò, il peso economico di un cittadino dipende anche dalla distribuzione tra il tempo libero e quello destinato al lavoro. Il tempo libero fornisce all’agente economico la possibilità di consumare, mentre quello lavorativo è la fonte di reddito.
L’importanza del sonno
La maggior parte dei modelli microeconomici classici che tentano di spiegare la scelta intertemporale del consumatore considerano il sonno come una variabile esogena. Questo significa che il tempo speso a dormire non è visto come sottoposto al controllo dell’individuo, ma esso sarebbe frutto di caratteristiche biologiche. Tuttavia, numerosi studi a partire dagli anni ’50, hanno evidenziato che in realtà il sonno è oggetto di una scelta cosciente e pensata in modo simile a come avviene per il tempo libero e di lavoro. Dedicare tempo al consumo o al lavoro significa anche sottrarre ore di riposo dalla propria giornata, che rappresentano un elemento a sé stante nella gestione del tempo.
L’economista statunitense Gary Becker è stato tra i primi ad aver sottolineato la complessità di tipologie differenti di utilizzo del tempo, fornendo alla ricerca scientifica un punto di partenza per lo studio di questo aspetto.
La domanda di sonno
Biddle ed Hamermesh nel 1990 hanno studiato un campione composto da 703 famiglie, cercando di capire se il sonno è o meno una variabile sotto il controllo dell’individuo. Usando un semplice modello econometrico, i due studiosi hanno scoperto che le persone decidono quanto dormire effettuando una vera e propria scelta consapevole. In effetti, i due economisti hanno osservato che il tempo di riposo ha un’influenza positiva sull’efficienza del lavoro, costituendo quindi un bene dal quale il soggetto ottiene utilità.
L’individuo pianificherà l’ora per andare a letto a seconda della sveglia mattutina. Se ad esempio ci fosse la necessità di alzarsi alle 7 ed il consumatore volesse dormire almeno 8 ore, egli si impegnerà nell’andare a letto intorno alle 23, riducendo quindi il tempo libero. La scoperta può apparire banale, ma significa che la maggior parte dei modelli di microeconomia sbagliano a non considerare la scelta di dedicare più o meno ore al riposo come fattore. Esiste una domanda di sonno, che varia da persona a persona (data una quantità di sonno minima necessaria), ma questa dipende dalla volontà dell’individuo.
Un modello alternativo
Da un punto di vista teorico, è possibile modellare la domanda di sonno in modo tale che abbia un impatto sia sull’utilità del consumatore che sulla produttività del lavoratore. Diversi studi hanno trattato il problema dell’inefficienza sul posto di lavoro legato al riposo insufficiente. Sul Wall Street Journal nel 1988 si leggeva la riduzione annua della produzione industriale dovuta al sonno valeva circa 50 miliardi di dollari.
Considerando il sonno come fattore, la funzione di utilità dell’i-esimo consumatore diventerebbe:
dove “Z” rappresenta un paniere di beni ottenibili essendo svegli (potendo quindi consumare/risparmiare o lavorare), mentre “Ts” il tempo di sonno. Il prezzo di un’unità addizionale “Z” rappresenta il costo del bene ottenuto ed il costo\opportunità derivante dal tempo sottratto al dormire. D’altra parte, il prezzo di un’unità addizionale di “Ts” sarebbe il risultato della maggiore produttività sul lavoro grazie al riposo.
Errori nella microfondazione
Il sonno è sottoposto alla scelta dell’allocazione del tempo del consumatore, perciò i modelli sull’offerta di lavoro e sulla domanda di consumo che non considerano questo fattore mancano di un elemento fondamentale. Inoltre, anche i modelli macroeconomici usati negli istituti di policy sono oggi microfondati, ovvero considerano gli agenti del sistema come puri massimizzatori usando la teoria del consumatore classica. Anch’essi ignorano la presenza del sonno fra le funzioni di utilità, finendo quindi per stimare in modo impreciso le equazioni di offerta e domanda aggregata.