Le remunerazioni dei manager italiani
Le remunerazioni dei grandi manager nell’immaginario collettivo vengono spesso viste con un sentimento di inarrivabilità, alcuni le guardano con agognata speranza, altri provano addirittura un senso di disgusto verso tanta ingordigia. Uno studio Mediobanca ha evidenziato diverse caratteristiche relative alle remunerazioni di Piazza Affari. I nove amministratori delegati che guadagnano di più hanno uno stipendio annuale che supera i 5 milioni di euro. Tra i presidenti, il più pagato recepisce 3,7 milioni l’anno, mentre il valore mediano si attesta sui 239 mila euro. Per i presidenti di collegi sindacali la remunerazione è inferiore, con il più pagato che riceve 219 mila euro l’anno.
I compensi ovviamente variano molto da un’azienda all’altra e di solito sono correlati alla capitalizzazione di borsa. Gli AD che portano a casa i più lauti guadagni sono quelli a capo di compagnie assicurative, i quali in media percepiscono 3,4 milioni di euro annui; valori più che doppi rispetto a quelli del settore bancario, in cui gli AD percepiscono in media 1,6 milioni di euro. I compensi del comparto industriale si attestano su cifre nettamente inferiori (mediamente 990 mila euro annui) ma hanno allo stesso tempo anche il picco delle remunerazioni, con AD che arrivano a percepire fino a 8,4 milioni di euro. Complessivamente le 3339 aziende esaminate dallo studio hanno avuto nel 2016 un monte compensi di ben 606,7 milioni di euro, con il 56,7% a retribuzione fissa per gli AD e il 78,2% per i presidenti.
Le disuguaglianze tra AD, lavoratori, uomini e donne
Le disparità tra lavoratore medio e dirigente sono enormi in quasi tutti i settori. A Piazza Affari gli AD percepiscono mediamente 18,2 volte lo stipendio di un lavoratore comune, ma troviamo anche aziende in cui il management percepisce fino a 247 volte lo stipendio di un lavoratore medio. La ratio cambia ovviamente a seconda della capitalizzazione dell’impresa: sopra i 3 miliardi il compenso dell’amministratore delegato è pari in media a 42,4 volte il costo del lavoro (il valore mediano è 21,2 volte), con un massimo a 154,5 volte; sopra i 13 miliardi di valore a un dipendente sono necessari in media oltre 60 anni per incassare quanto il proprio capo-azienda fa in un anno.
Secondo i dati dello studio, le donne guadagnano sensibilmente meno degli uomini. Una presidente donna guadagna in media 204 mila euro annui a fronte dei 533 mila guadagnati dagli uomini che ricoprono il medesimo incarico. Stessa storia per gli amministratori delegati: lo stipendio medio femminile si attesta sui 439 mila euro, di gran lunga inferiore alla media maschile, che si attesta sugli 899 mila euro annui. Nei collegi sindacali abbiamo la più alta presenza femminile, il 43,7%, anche se la percentuale dei sindaci di tali collegi è nettamente a maggioranza maschile, con l’83% di sindaci uomini. Solo l’11% degli AD è donna e tra i presidenti lo è solamente il 9%.
Secondo un altro studio di Badenoch&Clark in collaborazione con JobPricing, nel 2017 i manager più pagati in Italia lavorano nelle grandi aziende lombarde mentre quelli con la retribuzione più bassa nelle aziende lucane. A guadagnare di più sono i manager appartenenti al settore assicurativo, seguiti dal settore alimentare e dei beni di largo consumo. Nel mezzo della classifica troviamo il farmaceutico, in cui i manager godono della percentuale più alta di retribuzione variabile, e subito dopo il settore bancario.
Oltre ai direttori generali, i manager con le retribuzioni più elevate sono quelli impiegati nei ruoli legale e compliance, finanza e controllo, amministrazione e infine marketing e comunicazione. Il gap generazionale in Italia è altissimo rispetto all’estero: pochissimi sono i manager under-30. L’età media dei soggetti che siedono negli organi di amministrazione e controllo è pari a 57,3 anni, con il 38% dei componenti in carica compreso fra 50 e 60 anni. Il gap salariale tra giovani e anziani supera il 30%.
Qualche esempio italiano
A Piazza Affari i tre manager più pagati risultano essere:
- Flavio Cattaneo, AD Telecom. Ha portato a casa 5,250 milioni di euro (1,032 di compenso fisso e 4,224 tra bonus e vari incentivi), inoltre a tale somma vanno aggiunti 10 milioni tra stock options (80%, esercitabili nel 2020) e bonus cash (20%).
- Sergio Marchionne. Il manager italo-canadese, scomparso nel 2018, ha guadagnato ben 13,5 milioni di euro, di cui 10,6 come AD di Fca, 2,6 come presidente del CdA di CNH e i restanti come gettoni di presenza nei consigli di Philip Morris e SGS.
- Adil Mehboob Khan. Ha lavorato un solo mese per Luxottica prima di dare le dimissioni. Sommando buonuscita e salario corrente ha portato a casa 7,235 milioni di euro. Nel 2015 Khan aveva avuto una remunerazione di 13,460 milioni di euro.
Seguono John Elkann con 6,108 milioni di euro, Descalzi (AD ENI) con 3,779 milioni di euro, Fedele Confalonieri con 3,4 milioni di euro, Michele Norsa (AD Ferragamo) con 2,922 milioni, Aberto Nagel (Mediobanca) con 2,753 milioni, Massimo Vian (Luxottica) 2,296 milioni e Renato Pagliaro (presidente Mediobanca) con 2,250 milioni.
Le remunerazioni di Wall Street
Ma è dall’altro lato dell’Atlantico che le aziende si scatenano: Wall Street rimane sul podio delle retribuzioni a livello mondiale. Complice la corsa sfrenata dei listini, i portafogli dei CEO statunitensi si sono ingrossati non poco negli ultimi anni. Al primo posto, inarrivabile, troviamo Thomas Rutledge, CEO di Charter Communication, colosso delle telecomunicazioni, che porta a casa ben 98,515 milioni di dollari. Dauman Philippe, già non-executive Chairman di Viacom, conglomerato dei media statunitensi, ha percepito uno stipendio di 93,021 milioni. Mario J. Gabelli, CEO di Gamco Investors, ha ricevuto una remunerazione di 75,965 milioni.
Poco più giù troviamo Gary Cohn, Presidente di Goldman Sachs, con 67,209 milioni di dollari annui; a seguire il founder di KKR & Co. L.P., George Roberts, che porta a casa 63,937 milioni, quindi Mark V. Hurd di Oracle con 41,121 milioni; Mark Parker, CEO Nike, con 47,882 milioni; Robert Iger di Walt Disney con 43,882 milioni; l’eterno Jamie Dimon, CEO di JP Morgan Chase, con una remunerazione di 27,2 milioni; Rex Tillerson di Exxon Mobil con 25,1 milioni e infine Reed Hastings, CEO Netflix, che percepisce 23,2 milioni.
Wall Street rimane dunque sul podio delle remunerazioni con cifre da capogiro. Paragonando gli stipendi dei manager statunitensi con quelli di Piazza affari verrebbe quasi da pensare che questi ultimi portino a casa soltanto le briciole rispetto ai colleghi di Wall Street.