Questo articolo fa parte di una serie in cui si descrivono i legami tra le retribuzioni in forma di incentivi ai manager di Wall Street e la crisi economica del 2008. Trovate qui il primo articolo introduttivo e a questo link il secondo, incentrato sul Dodd-Frank Act.
Stock options per tutti
Le opzioni di incentivazione per impiegati e dirigenti sono delle call options scritte su azioni di una società e assegnate come bonus. Queste opzioni consentono così a impiegati e manager di partecipare alle fortune della società. Se la società va bene e il prezzo delle azioni sale sopra lo strike price l’opzione viene esercitata realizzando un utile per l’assegnatario. Alcune società assegnano le opzioni solo ai senior manager, altre, soprattutto le start-up, le utilizzano in fase di avvio come remunerazione per tutti i dipendenti. Una delle prime aziende ad utilizzare questo metodo di pagamento fu la Microsoft. Le opzioni all’inizio vennero offerte a tutti i dipendenti: si stima che tra loro oltre 10 mila divennero milionari. In seguito la Microsoft annunciò l’intenzione di non far più ricorso a questo metodo di remunerazione nei confronti dei dipendenti ma di assegnare loro delle azioni.
Negli ultimi anni le stock options sono diventate impopolari a causa delle polemiche post-crisi dovute ai grossi fondi federali che, negli Stati Uniti, andarono a rimpolpare i bilanci delle grandi banche d’investimento, le quali poi usarono gran parte di tali fondi per pagare ingenti bonus al loro top management. Allo stesso tempo milioni di famiglie americane, messe sul lastrico a causa della condotta fraudolenta di quelle stesse istituzioni, riuscirono con fatica ad uscire dalla crisi economica creatasi e ovviamente senza il benché minimo aiuto di Stato. Altro punto caldo riguarda la forbice sempre più ampia che negli ultimi anni si è creata tra la remunerazione dei manager e quella dei dipendenti. Nel 1980 un amministratore delegato di Wall Street percepiva in media 40 volte lo stipendio di un suo dipendente; nel 2016 tale rapporto è salito a un valore medio di 347.
Inoltre questi bonus hanno svolto un ruolo fondamentale nell’enfatizzare le performance di breve termine che hanno portato ad eccessive assunzioni di rischi da parte delle banche di investimento e dei grandi fondi, contribuendo, congiuntamente ad altri fattori, all’esplosione della crisi finanziaria. Tuttavia moltissime società in tutto il mondo continuano a utilizzarle come principale forma di remunerazione di impiegati e dirigenti. Le società di nuova costituzione (start-up companies) in particolar modo, non avendo i mezzi per pagare le risorse chiave, sono indotte a integrare gli stipendi con piani di stock options. Se la società va bene e le azioni vengono collocate in seguito con una IPO è probabile che le opzioni raggiungano un valore molto elevato.
Come funzionano le stock options?
In generale le stock options scadono dopo 10 o 15 anni e spesso il loro prezzo di esercizio è uguale al prezzo dell’azione sottostante al momento della data di assegnazione, per cui le opzioni sono inizialmente “at the money“. Inoltre generalmente le opzioni non possono essere esercitate prima di un determinato periodo chiamato vesting period, che dura di solito qualche anno. Se l’assegnatario dovesse lasciare la società durante tale periodo (volontariamente o meno) sarà costretto all’abbandono totale delle opzioni, mentre se dovesse farlo al termine del vesting period potrebbe esercitare immediatamente le opzioni che sono “in the money” e abbandonare quelle “out of the money“. Ovviamente tali pacchetti di opzioni non possono essere ceduti.
Come abbiamo già ricordato le stock options hanno un obiettivo molto particolare, ovvero fungere da incentivo verso i manager al fine di far allineare i loro interessi a quelli degli azionisti. Tuttavia sulla reale efficacia di questi strumenti si dibatte molto. Si è stimato che le stock options costituiscano circa il 50% della remunerazione dei manager negli USA e vengono appunto definite come “corrispettivo delle performance”, ma su questa definizione non tutti si trovano d’accordo. In effetti da un punto di vista tecnico viene trascurata la natura asimmetrica delle opzioni: se l’azienda ha una buona performance gli azionisti vengono ripagati con gli utili e con l’incremento del valore azionario e ne beneficiano anche i manager; se invece le azioni vanno male gli azionisti sono gli unici a subire una perdita, mentre per i manager l’unico inconveniente è di non riuscire a realizzare un utile. Inoltre spesso quando le opzioni diventano out of the money le stock options vengono sostituite da nuove opzioni at the money. Questa pratica, conosciuta come repricing, è secondo tanti esperti uno dei motivi che rendono inefficace questo tipo di remunerazione, in quanto allentano ancor di più il legame tra profitti e perdite dei manager e profitti e perdite degli azionisti e contribuiscono ad indurre il management a prendere rischi elevati che altrimenti non avrebbero corso.
I problemi delle stock options
Molti ritengono che per ottenere una pay for performance più efficace si potrebbero assegnare ai manager le azioni vincolate (restricted shares), ovvero azioni che diventano in tutto e per tutto uguali alle altre solo in seguito alla vesting date. Con l’assegnazione di questo tipo di azioni, i profitti o le perdite dei manager rispecchierebbero i profitti e le perdite degli azionisti. Ovviamente comportamenti come il repricing e soprattutto il backdating (che verrà trattato nel prossimo articolo) sono inaccettabili e illegali e costituiscono uno dei problemi più grandi che riguardano questo genere di strumenti.
Nonostante ciò, anche quando non vengono messi in atto comportamenti inammissibili come quelli appena elencati è ormai noto che l’assegnazione di stock options possa creare un incentivo per i manager a preferire obiettivi di breve periodo a scapito delle prospettive di crescita di lungo termine della società. Molti gestori di portafogli e hedge funds sono d’accordo nell’asserire che questo tipo di strumenti di remunerazione possa portare all’assunzione di eccessivi rischi e possa essere una fonte di distrazione per i manager, che risulterebbero più impegnati a massimizzare il proprio compenso piuttosto che il valore dell’azienda.
Inoltre le informazioni riservate di cui sono a conoscenza i senior manager e la loro capacità di prendere decisioni che possono influire pesantemente sul valore azionario possono portare a grossi svantaggi per gli azionisti. Molti accademici come John C. Hull, Professore di Risk management all’Università di Toronto, hanno fatto notare che sarebbe auspicabile un intervento normativo che preveda l’obbligo per i senior manager di comunicazione al mercato con un netto anticipo le loro intenzioni di esercitare o meno le stock options e di informare riguardo ad eventuali acquisti o cessioni di azioni che potrebbero influenzare il prezzo stesso delle azioni della società. Ovviamente una volta che tale intenzione venisse resa nota la si dovrebbe rendere vincolante, così da dare il tempo al mercato di formarsi un’opinione sulle operazioni effettuate dai manager e agire di conseguenza.