Le tasse universitarie, intese come i costi per le lauree triennali e magistrali, cambiano molto da Paese a Paese. Considerando gli Stati OCSE, si va dal picco della media di 12.000 dollari l’anno per il Regno Unito a casi, come in Svezia, dove gli studenti con cittadinanza possono frequentare gli atenei gratuitamente. Oltre al costo diretto delle università, anche quello della vita e le spese indirette, come i libri, rappresentano elementi cruciali, assieme ai diversi strumenti e sovvenzioni che i diversi governi possono offrire come supporto. Questi ultimi fattori, tuttavia, variano in modo anche significativo all’interno di uno stesso Paese, in base alla località o alla facoltà studiata, il che li rende spesso troppo frammentati perché sia possibile ricavarne dei dati nazionali unitari non fuorvianti.
I Paesi dove l’università costa di più
Gli atenei che richiedono tasse universitarie più costose, secondo il rapporto Education at a Glance 2020 dell’OCSE, sono quelli del Regno Unito, con in media 12.028 dollari l’anno, degli Stati Uniti, con 8.804 dollari, e del Cile, con 7.361 dollari. Tali costi sono riferiti ai soli cittadini del relativo Paese e diventano maggiori, in base al contesto legale, nel caso di studenti provenienti dall’estero.
Negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna i costi molto alti sono motivati dallo scarso sostegno economico dato dallo Stato alle università. Tale atteggiamento serve a favorire la competitività fra gli atenei, puntando così ad obbligarli a mantenere servizi di qualità per non perdere iscritti e soldi. I sostegni agli studenti meritevoli ma con scarsa disponibilità economica sono perlopiù indiretti, dati sotto forma di borse di studio le quali, comunque, di rado bastano a coprire per intero le spese.
In Cile, invece, le tasse universitarie alte sono spiegate dalla quasi nulla partecipazione dello Stato nel campo dell’istruzione terziaria pubblica. Quindi, nel Paese la quasi totalità degli atenei sono privati e, di conseguenza, in media più costosi.
I Paesi dove l’università costa di meno
In diversi Paesi le università sono del tutto, o quasi, finanziate dallo Stato ed agli studenti sono richieste tasse universitarie molto basse o nulle. Considerando i dati OCSE, si osserva come in Danimarca, Finlandia, Grecia, Norvegia, Slovacchia, Slovenia e Svezia, tutti aderenti al trattato di Schengen, prevedano zero tasse universitarie per tutti i cittadini europei.
In altri casi, invece, i pagamenti richiesti sono quasi simbolici, come nel caso della Germania, con in media circa 136 dollari l’anno, e la Francia, con in media 240 dollari l’anno.
In Italia
In Italia, stando al rapporto OCSE Education at Glance, le tasse universitarie hanno un costo medio equivalente a 1.953 dollari l’anno, ovvero circa 1.650 euro. Si tratta della tredicesima cifra più alta sui 27 Stati presi in esame nel documento. La Penisola, quindi, si colloca fra Olanda, con 2.577 dollari l’anno, e Spagna, con 1.782 dollari l’anno. Tuttavia, rispetto agli altri Paesi con costi simili, in Italia la situazione si mostra meno favorevole agli studenti meno ricchi, con a disposizione meno supporti per coprire i costi indiretti del periodo di formazione terziaria.
I ragazzi provenienti da famiglie con reddito inferiore ai 30.000 euro l’anno, nell’ordinamento italiano, hanno diritto a pagare tasse universitarie ridotte. Misure simili, per aiutare le fasce economiche più deboli a coprire i costi diretti, sono presenti in quasi tutti i Paesi. In Italia, stando ai dati di Federconsumatori, gli studenti con un reddito familiare superiore ai 30.000 euro (l’anno) paga in media 2.265 euro annui per l’università. Per cifre inferiori, invece, ci sono diversi livelli di agevolazioni. Con meno di 20.000 è 769 e per meno di 30.000 è 1.198. Dal 2017, invece, chi ha un reddito inferiore ai 13.000 euro l’anno non deve pagare la retta ma solo la tassa regionale, che cambia da regione a regione ma si aggira fra i 120 ed i 170 euro, e le imposte minori collegate ad essa. Il reddito annuo massimo per rientrare nell’esenzione è stato alzato a 20.000 euro, nel 2020, ed a 22.000, nel 2021.