La Teoria dei Mercati Efficienti sostiene che i meccanismi naturali del mercato conducono sempre verso una situazione di stabilità e crescita se sono disponibili le informazioni ed i mezzi necessari. Gli investitori, infatti, sono visti come agenti del tutto razionali e l’errore umano viene considerato un rischio irrilevante. Eventuali problemi a livello sistemico, secondo questa teoria, sono sempre dovuti al contesto e mai alle dinamiche interne del mercato. Se a mancare sono i mezzi, si avrà solo una crescita più lenta o una recessione. Una variazione brusca, invece, può verificarsi solo nel caso in cui ci sia un importante insufficienza nelle informazioni disponibili.
Gli investitori poco preparati, che non hanno modo di analizzare e interpretare le notizie in modo corretto, secondo la Teoria seguiranno gli altri operatori più esperti. Quindi, anch’essi farebbero di fatto delle scelte razionali, anche se senza capirle.
La storia della Teoria
La nascita della Teoria dei Mercati Efficienti può essere collocata nel 1965 con i lavori, fra loro indipendenti, degli economisti Eugene Fama e Paul Anthony Samuelson. Entrambi erano arrivati ad una conclusione simile, ovvero che le dinamiche del mercato conducono ad una situazione economica equilibrata e solida. Quindi, secondo questa idea, il sistema ideale per favorire lo sviluppo e la stabilità è quello in cui la raccolta di risorse si fonda soprattutto sulla Borsa, dove le dinamiche di mercato sono predominanti. Samuelson e Fama, però, arrivarono ad interpretazioni divergenti riguardo a come funziona il valore dei titoli. Secondo Samuelson, molto in breve, il valore dipende soprattutto dalla competitività. Invece, per Fama, la cui visione avrà maggior successo, il mercato tende a portare i titoli al loro valore reale se tutte le informazioni sono disponibili.
La Teoria è stata, negli anni successivi, utilizzata per creare diversi modelli efficaci, utili a prevedere l’andamento dei mercati, nel medio e lungo termine. Negli anni ’80 arrivò a rappresentare l’orientamento economico e politico dominante in Occidente e restò tale fino alla crisi del 2008.
Diversi tipi di efficienza
Per la Teoria affinché un’economia sia sana si deve essere in un contesto di mercato efficiente. Questo si definisce attraverso tre concetti: l’efficienza allocativa, l’efficienza tecnica e l’efficienza informativa.
- L’efficienza allocativa consiste nell’impossibilità che ci sia un aumento di ricchezza per un soggetto senza una riduzione per altri all’interno di un settore. Quindi, tutti sono costretti a competere fra loro, portando una spinta allo sviluppo ed all’innovazione.
- L’efficienza tecnica consiste nella facilità con cui è possibile ottenere le risorse desiderate, che possono essere capitali o merci.
- L’efficienza informativa consiste nella disponibilità di informazioni utili a stabilire il valore di qualcosa. Quando c’è quest’ultima dovrebbero essere impossibili fenomeni come le bolle speculative, se non molto piccole, in quanto il valore di mercato non si discosterebbe mai troppo da quello reale.
Crisi del 2008: l’anomalia
La visione della Teoria dei Mercati Efficienti come valida a livello universale è stata dominante in Occidente fino alla crisi del 2008, causata dallo scoppio della bolla dei mutui subprime nel 2007. Gran parte degli osservatori, infatti, ha visto nell’evento un’anomalia, ovvero un fenomeno che non avrebbe dovuto essere possibile. Infatti, sebbene gran parte degli investitori, anche istituzionali, siano stati colti impreparati dal crollo del mercato immobiliare e dei mutui, causando una reazione a catena, alcuni operatori lo avevano previsto, senza avere accesso ad informazioni o mezzi privilegiati. La Teoria dei Mercati Efficienti quindi, nella sua forma più ampia, non era in grado di spiegare gli eventi che hanno portato alla formazione di una bolla speculativa tanto enorme. Tuttavia, gran parte dei modelli d’analisi che si basano su di essa continuano ad essere validi.
La Teoria oggi
Anche se la Teoria non viene più vista, dalla maggioranza degli esperti, come una chiave di lettura universale per i meccanismi economico-finanziari, è comunque considerata valida in determinati contesti, in realtà nella maggior parte dei casi, per quanto riguarda le previsioni sul valore futuro. Alcuni sostenitori della Teoria, fra cui lo stesso Fama, sostengono anche che la crisi del 2008 non rappresenta davvero un’anomalia. Infatti, la formazione ed il successivo scoppio della bolla sarebbero stati dovuti ad un’asimmetria informativa causata dai comportamenti scorretti di alcuni operatori istituzionali.
Fama nel 2013 ha vinto un Nobel per l’Economia, insieme a Robert Shiller e Lars Peter Hansen. I tre sono stati premiati per il modello che avevano elaborato utile a prevedere l’andamento dei mercati azionari, dimostrando anche l’impossibilità di fare previsioni davvero attendibili nel breve termine, ma solo nel medio e, soprattutto, nel lungo termine.
L’economia comportamentale
Dopo che sono emersi i limiti della Teoria dei Mercati Efficienti, per compensare ad essi sono stati elaborati altri modelli d’analisi, che considerano gli effetti della psicologia, soprattutto di massa, sui mercati. La nascita di tale campo di studio, detto economia comportamentale, si colloca nel 1979, con la pubblicazione dell’articolo accademico Prospect Theory: Decision Making Under Risk, degli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky. Le loro intuizioni non ebbero molto successo fino ai primi anni del 2000. La bolla delle dot-com portò l’economia comportamentale sotto i riflettori, tanto da far vincere a Kahneman il Nobel per l’Economia, nel 2002. La crisi del 2008, poi, darà la spinta definitiva per l’affermazione della nuova branca.