Secondo Paese più popoloso del pianeta dopo la Cina e terza economia mondiale, sempre sotto Pechino, Nuova Delhi cammina velocemente verso le posizioni di grande potenza. Attualmente l’India ha un enorme potenziale economico-finanziario e un forte potere d’acquisto. Fa parte del G20 e del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), il cui ultimo summit si è svolto proprio nella capitale indiana. Con l’elezione del nazionalista Narendra Modi nel 2014, l’India ha completamente cambiato la propria visione geoeconomica nella cornice del sud-est asiatico. Nuova Delhi ha assunto il ruolo di potenza regionale con la direzione dell’Associazione sud-asiatica per la cooperazione regionale (SAARC), organizzazione che si pone obiettivi di cooperazione diplomatica ed economica ma anche quello di avere, in futuro, un ruolo di catalizzatore per stabilizzare l’area.
I complicati rapporti con il Pakistan sono una minaccia alla stabilità del Paese a causa della spinosa questione del Kashmir. Altro fardello è il difficilissimo rapporto con Pechino: la recente attività militare cinese nel Mar Cinese Meridionale ha costretto il governo di Modi a rafforzare la cooperazione con Washington e questo ha fatto consolidare i rapporti sia con gli USA sia con l’Australia.
Potenza economica con due medaglie
Nel 2016 l’India ha registrato una crescita del 7,6%. Nonostante l’impressionante cavalcata economica, però, i dati macroeconomici costituiscono uno specchio per le allodole. Le risorse economiche acquisite infatti non sono distribuite equamente ed una grossa fetta della popolazione indiana vive nella morsa della povertà assoluta. Il settore agricolo rappresenta il 17,4% del Prodotto interno lordo e la metà della popolazione trae il proprio reddito dalle attività agricole, dipendenti oltretutto dalla stagione monsonica poiché solamente una limitata porzione di terreno fertile viene irrigata.
La strada verso la stabilizzazione del sistema economico indiano passa attraverso la riduzione della corruzione, lo sviluppo delle infrastrutture e il miglioramento della burocrazia; inoltre si pensa di attuare una formazione specializzata e di massa dei lavoratori indiani e regolamentarli in un settore che è, al 90 percento, “informale”. Nuova Delhi, oltretutto, deve diminuire l’inflazione e il debito pubblico del Paese. Il traino della crescita economica indiana è il settore terziario, rappresentato principalmente dall’outsourcing straniero: esso rappresenta un ruolo di prima fascia, visto che l’India controlla circa la metà del mercato globale di tale pratica grazie ai bassi costi di produzione. Infatti il salario medio annuale di un professionista che lavora ad esempio nel settore legale indiano è di circa 8 mila euro, di gran lunga inferiori ai 30 mila di un lavoratore professionista statunitense.
La crescita è legata fortemente agli investimenti esteri e alla disponibilità globale di capitale. Il governo sostiene questa politica con la stabilizzazione del sistema monetario indiano e con l’acquisto di titoli di stato americani.
Il governo ha un ruolo determinante per la gestione delle politiche economiche; il monitoraggio del debito nazionale è completamente separato da quello delle grandi corporation, il cui indebitamento è esposto agli interessi del mercato internazionale. Si occupa dei problemi dell’inflazione e attua una politica di sussidi.
Politica energetica e risorse
Nonostante una costante crescita produttiva nel settore energetico, l’India è fortemente dipendente dall’importazione di materie prime.
Il Paese è un forte consumatore del carbone come fonte energetica: le ricche riserve nazionali di carbone nelle regioni nord-orientali – annoverate tra le più grandi su scala mondiale (7,5% nel 2014) – sono ancora oggi la principale fonte di sostentamento, ma si prevede che l’utilizzo coatto del combustibile fossile potrebbe non sostenere sufficientemente la richiesta energetica negli anni a venire. Nuova Delhi sta investendo quindi sul gas, sul petrolio e sull’energia nucleare.
Il riavvicinamento all’Iran ha consolidato i rapporti economici tra i due Stati. L’Iran, dopo l’Arabia Saudita, è attualmente il secondo fornitore di petrolio dell’India con il 17 percento di importazioni di greggio.
Fondamentali i progetti indiani nel settore del gas, importato da Nuova Delhi in forma liquefatta. Il maggior partner è il Qatar (85,7%). Per limitare le importazioni da tale Paese si sta progettando un gasdotto che parte dal Myanmar, per portare gas naturale in India passando per il Bangladesh. Il progetto sta trovando grosse complicazioni a causa dell’instabilità venutasi a creare con l’avvento del terrorismo di matrice islamica in Bangladesh.
Nonostante tutto l’India punta ad essere autosufficiente dal punto di vista energetico e ad intensificare la produzione nazionale. Nell’area della catena montuosa principale, quella dell’Himalaya, soprattutto a valle, sono presenti centrali idroelettriche. Se ne trovano altre nel sud del Paese, nei pressi della città di Bangalore.
Le centrali nucleari attualmente “in servizio” sono posizionate tra la valle dell’Indo e la costa nord-occidentale, in aggiunta alle due nel sud-est dell’India, a Chennai (Madras).
Con queste risorse l’India si appresta a diventare un possibile attore internazionale sul piano economico-finanziario. Ma il governo di Narendra Modi procede con calma e cautela, sapendo che deve stabilizzare prima il suo “vicinato” e poi iniziare a ricavarsi un importante spazio nello scacchiere internazionale.