Ex-Regno di Islom Karimov, morto nel settembre del 2016. Presidente dal 1991 ed ultimo dei dirigenti uzbeki dell’era sovietica, per 26 anni ha governato il paese attraverso un regime autoritario ed isolazionista. Dopo la sua morte si sono svolte le elezioni presidenziali, nella giornata del 4 dicembre 2016, che hanno portato all’elezione di Shavkat Mirziyoyev , primo ministro dell’Uzbekistan tra il 2014 e l’ottobre del 2016. La sua vittoria conferma la volontà delle elitè di Tashkent di mantenere viva l’eredità politica di Karimov. Il paese deve affrontare le relazioni con le due maggiori potenze eurasiatiche, Russia e Cina. La Russia ha interesse a riallacciare i forti legami di cooperazione politico-militare con l’Uzbekistan, la Cina vuole inserirsi nell’apparato economico ed energetico uzbeko, per continuare a sviluppare il progetto della Nuova Via della Seta. Altra questione è la minaccia terroristica di matrice jihadista, proveniente dall’Isis e dal Movimento Islamico dell’Uzbekistan.
La Crescita, le risorse, ed i difetti di Tashkent
Oggi l’Uzbekistan è la seconda economia della regione centro-asiatica, dopo quella Kazaka (con un Pil di circa 195 miliardi di dollari). Dal 2005, Tashkent ebbe una crescita abbastanza costante introno all’8%. Grazie al boom economico, che ha letteralmente duplicato il PIL in vent’anni, oggi il Prodotto Interno Lordo si attesta ad oltre 60 miliardi di dollari annui, anche se il PIL pro capite uzbeko (6453 $ nel 2016) è molto lontano da quello kazako (24.200 $ ,2016) e da quello turkmeno (17.100 $,2016).
Il boom economico Uzbeko è stato possibile soprattutto grazie alle esportazioni di cotone ed all’aumento del prezzo dell’Oro, di cui l’Uzbekistan è il decimo produttore mondiale. Il settore agricolo è monopolizzato dal cotone (Tashkent è il sesto produttore mondiale dal biennio 2014-2015 nonostante la scarsità di terreni fertili nel territorio del paese e le difficoltà per l’irrigazione delle piantagioni). È significativo anche l’allevamento di bovini ed ovini.
Il sottosuolo, oltre al gas e alle insignificanti riserve petrolifere, contiene risorse risorse preziose, fra cui in particolare argento, oro (decimo produttore mondiale di metallo aureo), rame, tungsteno ed uranio. Il settore industriale opera principalmente nei settori metallurgico, siderurgico, chimico e petrolchimico.
Anche se è un’economia in costante crescita, l’Uzbekistan non ha attuato nessuna riforma economica, con un sistema che è ancora quello ereditato dall’era sovietica. Il defunto Presidente Karimov aveva avviato solo un timido programma di privatizzazione delle aziende e liberalizzazione del mercato. In realtà, i nuovi spazi concessi ai privati avevano favorito, di fatto, solo i circoli oligarchici legati a lui. Lo stesso Karimov, d’altronde,vedeva nelle liberalizzazioni un espediente per poter estendere il suo patrimonio.
Un Gap è nell’attuale corruzione, diffusa nel paese, che scoraggia gli investimenti stranieri.
Il settore industriale è legato perlopiù a quello energetico. Anche se il sottosuolo uzbeko è ricco di gas naturale, le riserve non sono vaste come quelle turkmene. Dopo un periodo di autosufficienza energetica, terminata nel 2010, il Paese ha iniziato ad importare greggio in piccole quantità.
L’aumento della produzione di gas naturale ha permesso di esportarne quantità importanti. L’esportazione è destinata principalmente al Kazakistan, anche perché la rete dei gasdotti uzbeki è collegata con quelli di Astana, e con la Russia, maggior partner del paese nelle esportazioni di Gas.
Dal 2009, con l’apertura del gasdotto Turkmenistan-Cina è diventato possibile allargare le vie di esportazione. Dall’agosto del 2012, con l’applicazione di un trattato che stabilisce la fornitura di 10 Gmc/A di metano e che potrebbe essere incrementato con un intesa Tashkent-Pechino , il paese ha iniziato ad importare verso l’Asia Orientale. Il trattato sino-uzbeko stabilisce l’intensificazione delle capacità infrastrutturali dei gasdotti. Il progetto cinese, per ampliare il gasdotto sino-turkmeno, comprende lo stesso Uzbekistan, il Tagikistan e il Kirghizistan.
Sull’incremento delle esportazioni di gas, tuttavia, pesa l’aumento dei consumi interni. Il gas copre l’88% del mix energetico uzbeko e se non verranno introdotti metodi per razionare e diversificare i consumi nazionali uzbeki la produzione di gas rischia di venir assorbita dalla domanda interna. Secondo un’analisi dell’agenzia internazionale per l’energia, l’Uzbekistan rischia di diventare, attorno al 2035, importatore di gas, il che sarebbe un durissimo colpo per l’economia del paese.