TPO e TPI: Cosa sono?
Con TPO (Third-Party Ownership) e TPI (Third-Party Investment) nel mondo del calcio ci si riferisce ad un accordo in cui una terza parte acquista l’intera proprietà o una percentuale del cartellino di un calciatore da un club, con la promessa di ricevere l’intera somma o una percentuale del valore della futura rivendita del calciatore. Se da un lato il club acquisisce liquidità, mantenendo al tempo stesso la disponibilità del calciatore, dall’altro la terza parte – che può essere un fondo d’investimento, un’azienda, investitori privati o singoli individui come i procuratori sportivi – può ottenere ottimi profitti. Infatti, se il valore economico del calciatore cresce nel tempo, la terza parte ha buone probabilità di ottenere un margine positivo dalla rivendita del calciatore stesso. La compravendita del cartellino o – come detto, di una percentuale di esso – diventa così molto simile al trading azionario.
Nonostante fosse un fenomeno già in atto da diversi anni, la questione TPO è salita alla ribalta mediatica nell’estate del 2006 con il trasferimento dal Corinthians, club brasiliano, al West Ham, club del quartiere Newham di Londra, di Carlos Tevez e Javier Mascherano. I diritti economici delle due stelle argentine infatti non erano di proprietà del Corinthians, ma rispettivamente della Media Sports Investments e Just Sports Inc. per l’Apache (Tevez) e della Global Soccer Agencies e della Mystere Services Ltd per il Jefecito (Mascherano). Tutte e quattro le società erano rappresentate da Kia Joorabchian, importante uomo d’affari di origini iraniane, deteneva i cartellini dei calciatori come una terza parte. Questa pratica è poi stata considerata proibita dalla Premier League e ha portato ad una multa di 5,5 milioni di sterline per il West Ham.
Altri esempi
Nel 2013 l’Associazione dei club europei (ECA), l’organismo oggi presieduto da Andrea Agnelli, commissionò a KPMG, una delle più importanti società di revisione al mondo, uno studio sulla diffusione in Europa delle TPO. Da esso è emerso che
“il valore di mercato dei giocatori in TPO nei campionati europei è tra il 5,1 e il 7,8%” del valore di mercato totale, ovvero un valore in termini economici di circa 1,1 miliardi di euro. KPMG indica poi che il fenomeno è “particolarmente concentrato in alcuni Paesi: Spagna (tra il 5 e l’8%), Portogallo (tra il 27 e il 36%), parte dell’Europa dell’est e centrale (Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Macedonia, Serbia, Albania, Bulgaria, Romania, Ungheria, Slovenia, and Montenegro) per oltre il 40%”.
Riguardo i trasferimenti degli ultimi anni avvenuti tra le squadre portoghesi e spagnole, i casi di TPO sono davvero molti. Il più emblematico forse è quello che ha portato, nell’estate del 2013, Neymar Jr dal Santos al Barcellona. Mentre all’inizio delle trattative i due club avevano comunicato un costo di 57 milioni di euro, si è in seguito appurato che il vero onere per i blaugrana è stato di quasi 100 milioni, una parte dei quali elargita tra il fondo Dis e il padre di O Ney. Altri esempi sono quelli di Eliaquim Mangala, dal Porto al Manchester City, di Radamel Falcao, dal Porto all’Atletico Madrid, di Marcos Rojo, dallo Sporting Lisbona al Manchester United e di Geoffrey Kondogbia, dal Siviglia al Monaco. Quest’ultimi tutti giocatori su cui ha investito la Doyen Sports Investments, un fondo speculativo che ha sede a Malta e che fa parte della Doyen Group, una società d’investimento brasiliana. Due dei giocatori citati, Mangala e Falcao, sono inoltre gestiti da uno dei più influenti, se non il più influente di tutti, agente sportivo: Jorge Mendes. Secondo The Guardian una sinergia posta in essere dai fondi d’investimento come Doyen era infatti quella con gli agenti dei calciatori, che avrebbero agito da “adviser per il fondo, aiutandolo a identificare i giocatori, a fare partnership con ‹‹i club di sviluppo›› in Spagna e Portogallo” in cui gli aspiranti top player avrebbero giocato per farsi le ossa prima di essere rivenduti ai più importanti club europei.
La normativa FIFA
La FIFA, dopo aver studiato a fondo la questione, ha elaborato il 22 Dicembre 2014 la Circolare n° 1464, con la quale ha inserito l’art. 18 bis nel Regolamento Status e Trasferimenti dei calciatori, il corpus normativo che regola, appunto, i trasferimenti. L’art. 18 bis ha stabilito il divieto assoluto di contratti TPO, in vigore dal 1° Maggio 2015, anche se
“gli accordi esistenti continueranno ad essere in vigore fino alla loro scadenza contrattuale”.
Secondo la FIFA, infatti, le TPO consentono alle terze parti di influenzare troppo i club, fino a privarli della loro effettiva autonomia. Le TPO sono state anche affrontate dai due più importanti organismi comunitari dell’UE, ovvero dal Parlamento europeo e dalla Commissione. Un anno dopo la senetenza della FIFA, il Parlamento Europeo, come rilevato da Diritto.it,
“Ha presentato una ‹‹Dichiarazione scritta, presentata a norma dell’articolo 136 del regolamento, sul divieto della proprietà di terze parti sui cartellini dei giocatori nello sport europeo›› con la quale condanna fermamente la proprietà da parte di investitori terzi del cartellino di uno sportivo”.
Questo in quanto esse sarebbero
“Una pratica contraria ad uno dei principi cardine dell’Unione Europea, ossia il rispetto della dignità umana (art.2 del Trattato sull’Unione Europea)”.
e
“Un pericolo reale per la validità delle competizioni sportive. Queste pratiche spesso risultano essere poco trasparenti e sono terreno fertile per attività criminali di vario genere, dalla manipolazione dei risultati sportivi al riciclaggio di denaro sporco”.
Ad Ottobre del 2017 la Commissione europea ha fatto sapere che non aprirà una procedura di reclamo contro il divieto alle TPO, in risposta ad una richiesta portata avanti proprio dal fondo Doyen.
Alcune possibili scappatoie
Se le TPO sono state bandite, perchè rappresentano un importante vincolo all’autonomia gestionale dei club, tuttavia il ruolo che soggetti terzi, come gli stessi fondi d’investimento, hanno assunto all’interno del mondo del calcio può non uscirne ridimensionato. Essi infatti possono trasformare le risorse destinate all’acquisto del cartellino dei calciatori in azioni del club, di fatto un procedimento molto simile alla conversione delle obbligazioni. In questo modo essi diventerebbero azionisti di minoranza o prestatori di denaro e soprattutto manterrebbero la liquidità all’interno del sistema calcistico. Non è quindi un caso che il fondo Doyen fosse particolarmente interessato, agendo anche da consulente, nella trattativa, poi sfumata, tra Fininvest e Bee Taechaubol per l’acquisto delle quote di maggioranza dell’A.C. Milan. A Settembre 2016, un anno dopo l’avvio del divieto alle TPO, un’inchiesta del Telegraph ha scoperto Sam Allardyce, al tempo CT dell’Inghilterra, illustrare i possibili modi di aggirare le normative.