Non si può certo affermare che comprare un qualsiasi titolo offerto dal mercato azionario equivalga ad una puntata di roulette all’interno di un casinò. Gioco d’azzardo e trading sono tradizionalmente posti su piani ben definiti e diversi, quasi in contrapposizione tra loro. Tuttavia, queste due attività nascondono interessanti punti di contatto. Tale relazione riguarda, in particolare, gli attori principali: da una parte l’investitore e dall’altra il giocatore. Entrambe queste figure, infatti, sono spesso involontariamente affette dalle medesime distorsioni percettive.
Come sostenuto da Richard Thaler, economista, premio Nobel e promotore del concetto di contabilità mentale, nei soggetti economici l’attitudine al rischio viene il più delle volte influenzata dagli esiti precedentemente realizzati. Rifacendosi ad alcune personali osservazioni sul poker, Thaler sostiene che i giocatori che al tavolo stanno vincendo non sembrano trattare le loro vincite come denaro vero. Essi ragionerebbero, invece, secondo una contabilità mentale detta a «due tasche», in cui una tasca contiene il denaro di partenza (cioè quello pensato come proprio), mentre l’altra accoglie il denaro ottenuto attraverso le vincite, cioè il cosiddetto house money (ossia il denaro della casa, dove il termine «casa» si riferisce al casinò).
Conseguenza di questa particolare rappresentazione in conti mentali è che quando i giocatori sono in vantaggio si dimostrano maggiormente orientati al rischio, modificando così la propria propensione e compiendo scelte più rischiose in base all’origine del denaro investito.
L’effetto house money spiega anche la tendenza di alcuni investitori finanziari ad assumere un rischio maggiore, quando reinvestono i profitti precedentemente ottenuti, rispetto a quello che solitamente accettano nell’investire il proprio capitale iniziale. Tale differenza è attribuita alla percezione sviluppata dagli investitori riguardo al denaro “vinto”, che inizialmente non apparteneva loro. Di conseguenza, il maggiore rischio assunto dagli investitori può comportare un incremento eccessivo della variabilità attesa dal portafoglio, alla luce degli investimenti compiuti in mancanza di completa razionalità.
Thaler è inoltre promotore di un altro concetto, il break even effect. Questa espressione è utilizzata per indicare la tendenza, diffusa nella maggior parte delle persone, per cui queste, se poste di fronte a una scommessa, sono mediamente più propense al rischio se viene offerta loro la possibilità di recuperare una perdita inizialmente conseguita.
Diversamente dalla Prospect Theory di Kahneman e Tversky, in cui le persone sembrano accettare maggiormente il rischio al fine di evitare una perdita, secondo Thaler le persone non sopportano alcun rischio (e quindi non partecipano ad alcun evento aleatorio) se non viene concessa loro almeno la possibilità di pareggiare le perdite. Ciò significa, in sostanza, che la predizione della Prospect Theory di una maggiore propensione al rischio in caso di perdite potrebbe non valere se l’opportunità di assumere tale rischio non offrisse una possibilità di pareggio.
L’esperimento
Grazie al coinvolgimento diretto della community di Starting Finance, è stato possibile mostrare questi concetti attraverso un esperimento appositamente realizzato. Il test, a cui hanno partecipato complessivamente 1768 persone, prevedeva tre differenti situazioni.
Nella prima erano proposti tre diversi titoli finanziari, i quali presentavano un analogo valore atteso ma divergevano per le probabilità e per il valore potenziale delle vincite e delle perdite ottenibili. Sulla base delle risposte date è stato possibile suddividere i partecipanti secondo tre diversi profili di rischio, come indicato nella seguente tabella.
Profilo di rischio | % | Vincita potenziale |
Basso | 36% | 135€ con probabilità 100% |
Medio | 49% | 200€ con probabilità 50% |
Alto | 15% | 400€ con probabilità 25% |
Nella situazione successiva l’esperimento procedeva in via sequenziale per tutti i rispondenti. Era chiesto di reinvestire interamente la sola vincita ottenuta nella situazione precedente tra quattro diversi titoli finanziari che riproducevano le combinazioni rischio-rendimento presentate inizialmente (un quarto titolo, con rischio ancora più elevato, è stato aggiunto in questa fase per permettere anche ai partecipanti nella terza fascia di poter incrementare la rischiosità della propria scelta).
Come si può notare dalla tabella, i partecipanti al test mostravano un comportamento simile a quello dei giocatori di poker osservati da Thaler: molti di loro decidevano di investire la propria vincita in modo più rischioso rispetto alla prima scelta compiuta, proprio come quei giocatori che, trovandosi in una situazione di vantaggio rispetto alla situazione iniziale, rischiavano di più.
Profilo di rischio | % |
Basso | 30% |
Medio | 37% |
Alto | 25% |
Molto Alto | 9% |
Un aspetto rilevante riguarda l’entità di tale variazione: il cambiamento di preferenza infatti non era lo stesso per ciascun profilo di rischio, ma si evidenziava maggiormente tra coloro che inizialmente avevano optato per alternative più prudenti.
Profilo di rischio iniziale | Profilo di rischio della scelta successiva | ||
Meno rischioso | Uguale | Più rischioso | |
Basso | N/A | 43% | 57% |
Medio | 24% | 35% | 41% |
Alto | 53% | 29% | 18% |
Infine, per analizzare la presenza dell’effetto break even sopra citato, a ciascuno dei partecipanti al test, indipendentemente dalle risposte fornite, era chiesto di immaginare una terza situazione in cui il valore complessivo del proprio portafoglio fosse diminuito. In questo caso, oltre alla stessa combinazione rischio-rendimento iniziale dei titoli, era aggiunta una quarta alternativa: quest’ultima, pur presentando un valore atteso inferiore rispetto alle altre possibilità, permetteva di arrivare, in caso positivo, esattamente al valore di partenza del portafoglio. Come inizialmente ipotizzato, tale opzione ha raccolto la maggior parte delle scelte dei partecipanti.
Profilo di rischio | % |
Basso | 33% |
Medio | 19% |
Alto | 11% |
Alternativa break even | 37% |