Nata nel 2009 a San Francisco, Uber ha prima trasformato la mobilità in decine di città, lottando con le normative vigenti e contro i taxisti, per poi cambiare amministratore delegato e strategia ed estendersi al mondo del food delivery, alla logistica, al noleggio di monopattini elettrici e al bike-sharing, aumentando le città raggiunte fino a superare le 600.
Uber cede nella prima giornata di negoziazioni
Nel primo giorno di quotazione a Wall Street, le azioni del colosso californiano hanno ceduto il 7,6 per cento, ma nonostante il risultato insoddisfacente la sua IPO ha rappresentato una della più grandi nella storia degli USA. Uber ha aperto le negoziazioni a 42 dollari ad azione, al di sotto del prezzo di collocamento a 45, per poi chiudere a 41,57 portando a casa una performance giornaliera negativa. L’azienda ha collocato sul mercato 180 milioni di azioni raccogliendo in questo modo circa 8 miliardi di dollari e raggiungendo una capitalizzazione di 75 miliardi circa, ancora ben al di sotto dei 120 miliardi che, secondo quanto riferito, avrebbero cercato quando le notizie della quotazione in borsa si sono diffuse per la prima volta lo scorso anno.
Le più grandi IPO della storia
Nonostante un debole avvio, il debutto di Uber sul mercato azionario è stato il 14esimo più grande al mondo e il più grande per un azienda tech americana da quella del 2012 di Facebook. Il primato storico lo vince AliBaba con la sua quotazione a 68 dollari con cui è riuscita a raccogliere oltre 25 miliardi di dollari: adesso il titolo quota intorno ai 180. Il secondo posto lo occupa invece il fondo giapponese SoftBank, maggiore azionista di Uber con circa il 16 per cento, che nel giorno della quotazione raccolse circa 23 miliardi di dollari. Per trovare un’azienda del settore tech dobbiamo scorrere fino al 2012 con Facebook che nel giorno del debutto raccolse circa 16 miliardi di dollari.
Quanto guadagna Uber
Nel 2018 Uber ha incassato 11,27 miliardi di dollari. Continua a crescere rispetto ai 7,93 miliardi del 2017 (+42%), ma rallenta: tra il 2016 e il 2017 il fatturato era più che raddoppiato. Nel documento rilasciato presso la Sec, la società dichiara di aver perso sul piano operativo 1,8 miliardi nel 2018, se vengono esclusi alcuni guadagni straordinari realizzati con cessioni di attività che invece porterebbero ad un profitto netto di oltre 997 milioni.
Tuttavia, il dato finanziario più importante è un altro: l’Ebitda. È quello che dà la dimensione di quanto frutti e sia sostenibile l’attività di Uber, senza oscillazioni di regimi fiscali e investimenti. L’Ebitda di Uber è negativa per 1,85 miliardi di dollari. E dalle operazioni (cioè la differenza tra incassi e costi) perde 3 miliardi (la stessa cifra del 2016). Ci sono quindi, a fronte di un aumento significativo del fatturato, spese che lievitano a 14,3 miliardi. I dati finanziari dicono quindi che Uber, prima di produrre veri profitti, ha ancora molta strada da percorrere.
La concorrenza e i rischi
L’elenco dei rischi in cui incorre Uber è particolarmente ricco perché l’attività si basa su diverse componenti, con un forte ruolo giocato dalla regolamentazione. Le principali incognite, oltre a quelle finanziarie, sono quelle legate alla concorrenza. Soprattutto perché potrebbero emergere da un giorno all’altro nuovi avversari, costringendo Uber a offrire tariffe più basse e maggiori incentivi agli autisti, che tradotto in termini economici significherebbe meno margine di guadagno per l’applicazione.
I numeri di Uber
Quante persone usano i servizi di Uber? Sono stati 91 milioni nell’ultimo trimestre del 2018, il 35% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra questi, 15 milioni di utenti hanno ordinato con Uber Eats. Quasi un quarto dei pagamenti mossi da Uber non ha a che fare con le macchine ma con il cibo. Uber è sempre meno una piattaforma di soli trasporti per le persone e sempre di più per le cose. I servizi con autista costituivano il 92% del fatturato nel 2016. Nel 2018 sono passati all’82%. Vuol dire che gli altri business stanno guadagnando spazio. Diversificare è una buona notizia. Tuttavia, a crescere è soprattutto un settore (quello delle consegne a domicilio via app) molto competitivo e con margini ridotti.
La piattaforma nel futuro
La società punta poi a consolidarsi nei mercati esistenti, espandersi in nuove aree, investire in Eats e Freight (il servizio di logistica per le imprese), guardare a possibili acquisizioni, lanciare nuovi prodotti. Più in generale, però, la direzione imboccata da Uber è quella di una società che sposta di tutto, persone e (sempre di più) cose. Sempre meno auto private e sempre più logistica e servizi. O, come ha detto l’amministratore delegato Khosrowshahi, creare una “Amazon dei trasporti”, nella quale le corse in auto sono quello che i libri sono stati per Bezos: la miccia che ha innescato il più grande e-commerce d’occidente.