La United Launch Alliance è una joint venture formata dalla Lockheed Martin Space System e la Boeing Defense, Space & Security, divisioni delle compagnie Lockheed Martin e Boeing. Essa nasce dall’unificazione dei team attivi nel settore dei veicoli spaziali delle due, voluta a partire dal maggio del 2005. Si tratta di due compagnie americane storiche e molto influenti nel campo dell’aviazione: la prima, nata come “Lockheed Corporation” nel 1912, conta attualmente più di 120.000 impiegati sparsi in tutto il mondo; la seconda ha allo stesso modo radici profonde e un grande prestigio, nasce infatti nel 1916 con il nome di “Pacific Aero Products Co” ed è attualmente inserita al 27° posto dalla rivista Fortune nella classifica delle compagnie più ammirate del mondo. Per dare un’idea delle dimensioni delle due aziende, nel 2015 la Lockheed ha avuto entrate per 46 miliardi di dollari e la Boeing per 96 miliardi. La ULA attualmente possiede e fa utilizzo di 4 tipi di lanciatori: l’Atlas V, il Delta IV, nelle due versioni normale ed Heavy, ed il Delta II. Un quinto lanciatore, il Vulcan, è in sviluppo dal 2014, con primo lancio previsto per il 2019. Con questi lanciatori, la ULA può effettuare molti tipi di missioni ed è in grado di raggiungere destinazioni remote, come per esempio Plutone, che si trova ai confini del nostro Sistema Solare, a quasi 6 miliardi di chilometri dalla Terra. Tutti i lanciatori attualmente in uso dalla United Launch Alliance non sono riutilizzabili, appartengono cioè alla categoria degli ELV (Expendable Launch Vehicle).
Il primo lancio da parte della ULA avviene nel dicembre 2006 con un Delta II. Va detto però che questo non fu assolutamente il primo lancio per le due compagnie o per la tipologia di razzo utilizzato: già da molti anni infatti Boeing e Lockheed, separatamente, effettuavano lanci di ogni genere con diversi vettori: quella del dicembre 2006 è stata semplicemente la missione che ha confermato la collaborazione. Riguardo i lanciatori, il Delta II effettua voli fin dal 1989, segnando 151 successi su 153 lanci totali; il Delta IV, nelle due versioni, viene utilizzato dal 2003, con un totale di 32 successi su 33 lanci; l’Atlas V viene lanciato per la prima volta nel 2002 e possiede dei record stupefacenti: più di 600 lanci, con una percentuale di successo del 100%. Solamente quest’ultima tipologia di lanciatore ha messo in orbita 95 satelliti.
I punti di forza di questa joint venture, riportati anche sul loro sito, appaiono chiari: flessibilità ed affidabilità. Ma il mercato dell’industria aerospaziale richiede ormai prima di tutto economicità. Nei piani della ULA, questo termine andrà ad aggiungersi ai due precedenti per quanto riguarderà le qualità del prossimo lanciatore Vulcan. L’aspetto economico è ormai diventato quello più importante, da quando SpaceX ha cominciato a compiere i primi passi: i risultati ottenuti dalla compagnia di Elon Musk, ovvero la riduzione drastica dei costi di lancio, attraverso soprattutto l’utilizzo di sistemi riutilizzabili, hanno influenzato profondamente tutte le compagnie coinvolte nel campo aerospaziale, che offrono lanci ad un costo molto superiore a quello richiesto dalla SpaceX.Non sorprende dunque che la ULA, per tornare ad essere competitiva, abbia “preso ispirazione” dalla SpaceX: il prossimo lanciatore, il Vulcan, sarà infatti in parte riutilizzabile. In particolare è nei piani della ULA recuperare dopo il lancio i costosi propulsori, i quali verranno probabilmente prodotti dalla Blue Origin di Jeff Bezos. Oltre a subire un calo nelle richieste di lanci da privati, le altre compagnie spaziali potrebbero farsi soffiare via dalla SpaceX anche contratti statali. La compagnia di Musk ha criticato la scelta degli Stati Uniti di utilizzare i lanciatori messi a disposizione dalla United Launch Alliance, stimandone un costo per lancio di circa 460 milioni di dollari, contro i 90 milioni che basterebbero appunto a SpaceX. In risposta, l’ex CEO Michael Gass ha dichiarato che il prezzo medio di un lancio è di 225 milioni di dollari, con la possibilità che i prossimi vengano a costare ancora meno, fino a circa 100 milioni. Il cliente principale della ULA è proprio il governo degli Stati Uniti, a cui fornisce lanci di carichi di tipo militare, come satelliti spia; e scientifico, per conto della NASA. Oltre a ricavare profitto dai vari contratti da centinaia di milioni dollari per missioni con il governo, la ULA riceve un miliardo di dollari con cadenza annuale: questi fondi vengono forniti in cambio dell’impegno da parte della compagnia di tenere sempre pronti al lancio i vari sistemi di cui potrebbero usufruire gli USA. Questa joint venture dunque dipende fortemente dall’economia e dal volere del governo degli Stati Uniti. Questa collaborazione, nonostante abbia fatto guadagnare molto la ULA, potrebbe rivelarsi una dipendenza fatale: nel maggio 2015 è stato infatti dichiarato che la compagnia potrebbe andare in bancarotta se non verranno vinti contratti con enti civili e commerciali per bilanciare una riduzione prevista nei lanci richiesti dall’esercito americano. Tagliare i costi dei lanci risulta fondamentale: da una parte la compagnia stessa potrà spendere di meno per effettuarli, dall’altra aumenterà il numero di clienti, dato che più privati saranno in grado di permettersi un lancio tramite vettori ULA, i più affidabili al mondo ma non proprio i più economici. Per quanto sia importante ridurre i costi dei lanci, la ULA non può affidarsi solo a questa contromisura per tenersi al passo con la concorrenza. Ha deciso dunque di diminuire il numero di piattaforme di lancio, che verranno ridotte a due entro il 2021, e di congedare 12 membri della dirigenza. Sarà interessante scoprire come le decisioni del neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump andranno ad influenzare il destino di questa joint venture. Da un lato, gli annunciati maggiori investimenti nell’esercito potrebbero comportare la richiesta del lancio di nuovi satelliti spia o di telecomunicazioni, con conseguente incremento delle entrate per la ULA, dall’altro bisogna ricordare che la compagnia dipende anche dalla collaborazione con la NASA, che vedrà un taglio dei fondi messi a disposizione da parte del governo per le missioni spaziali.
Per approfondire consigliamo la lettura dei nostri articoli su SpaceX e le altre compagnie aerospaziali. Potete trovarli sotto la categoria “Space Industries”.
Francesco Pettini