Negli ultimi anni la gestione della diversità in azienda è diventata un tema di assoluta importanza per il management e in particolare per chi si occupa delle risorse umane (HR). Come afferma Marella Caramazza, General Director di IBS:
«La gestione della diversità in azienda è divenuta una necessità imprescindibile in un mondo sempre più complesso, globalizzato, interconnesso».
Maria Cristina Bombelli, fondatrice e presidente di Wise Growth, afferma inoltre:
«Ogni azienda ha una propria cultura che va compresa e interpretata. In questo modo sarà possibile fare della diversità e inclusione un vero veicolo di innovazione sociale e imprenditoriale»
La diversità può riguardare vari aspetti, ad esempio il genere, l’etnia e le differenze culturali. In questo approfondimento verrà effettuato un focus sulle opportunità tra uomini e donne nelle aziende, e in generale su quelli che sembrerebbero essere i rispettivi approcci al mondo del lavoro.
Le iniziative per favorire l’inclusione
Nell’ultimo decennio sono nate molteplici iniziative volte a garantire l’equilibrio ed una cultura inclusiva nei confronti delle donne. Un grande esempio, forse il più virtuoso su tutti in Italia, è quello rappresentato da Valore D, un gruppo di aziende (ad oggi oltre duecento) che dal 2009 combatte in prima linea per l’affermazione delle pari opportunità di carriera e di sviluppo professionale e personale in azienda.
Un’altra bella iniziativa è sicuramente #IamRemarkable, promossa da Google. Essa si pone come obiettivo quello di stimolare ed incoraggiare le donne – e in generale i gruppi sottorappresentati in azienda – a celebrare i propri risultati ottenuti sul posto di lavoro e nella vita, oltre che ad essere ambiziose e a farsi avanti nei propri percorsi di carriera.
Lo studio
Oltre che alle numerose iniziative avviate con successo sul tema, sono stati realizzati studi circa le dinamiche relazionali sui temi della diversity e dell’inclusion. Alcuni di questi risultati sono davvero interessanti.
La New York University (NYU) ha effettuato uno studio su circa 2000 dipendenti appartenenti ad un gruppo di aziende eterogeneo sia per località geografica che per settore operativo.
È emerso che gli uomini, di fronte ad una potenziale offerta di lavoro – sia interna che esterna alla propria azienda di appartenenza – siano fiduciosi delle loro potenzialità ed accettino di candidarsi se dispongono del 55/60% dei requisiti richiesti.
Per la medesima posizione, nelle donne tale percentuale si è attestata ben oltre il 95%, con punte in alcuni casi del 100%: ciò significa che apparentemente una donna si sente sicura e decide di applicare per una posizione di lavoro solo nel caso in cui ritenga di disporre di praticamente tutti i requisiti necessari.
Diversi trattamenti
Restano tuttavia presenti, non solo nel nostro Paese ma in generale in tutta Europa, differenze (in realtà vere e proprie discriminazioni) di trattamento tra uomini e donne nel mondo del lavoro. Basti pensare per esempio al tanto discusso gap salariale (il cui valore in Italia si aggira attorno al 5%) oppure al tema caldo della maternità, considerata in alcuni processi selettivi come un vero e proprio ostacolo sia al momento dell’assunzione che di potenziali avanzamenti di carriera in azienda.
Inoltre, secondo un’analisi condotta da Future Manager, ad un anno dal conseguimento della laurea trova la prima occupazione il 44% dei laureati maschi contro il 37% delle donne. La forbice non diminuisce con riferimento alla riconferma e alla stipula di un contratto a tempo indeterminato: si osserva una percentuale del 16% per gli uomini e del solo 9% per le donne. Per i contratti a progetto la situazione è ancora peggiore: tale tipologia (spesso svantaggiosa) di contratto viene proposta al 18% delle donne contro il solo 9% per gli uomini.
Verso una soluzione?
Le grandi istituzioni sono consapevoli della grande importanza di questi temi e non sono rimaste a guardare: non è un caso che il G7 di Taormina (2017) sia stato dedicato proprio al tema delle pari opportunità. Anche il 2019 è stato un anno importante, che ha visto la confortante ascesa delle donne a due delle più importanti cariche nelle istituzioni europee quali la Banca Centrale Europea (Christine Lagarde) e la Commissione Europea (Ursula von der Leyen).
Anche con riferimento alle multinazionali si sono avute novità incoraggianti: non può di certo passare inosservata ad esempio la scelta di Julie Sweet – recentemente insignita da Forbes come una delle Top Manager dell’anno a livello globale – alla guida di Accenture Global.