Nelle prime settimane dallo scoppio della pandemia di Covid-19 i mercati italiani hanno subito una notevole scossa, facendo registrare una perdita complessiva del 40% nell’arco di soli 25 giorni. Una discesa così repentina che non ha niente da invidiare ai precedenti crolli borsistici del 2008 e 2011. Considerando che la maggior parte degli stati è ancora in emergenza, l’esito dal punto di vista macroeconomico nel breve-medio termine è ancora tutto da determinare.
Il 13 marzo 2020 il FTSE MIB ha registrato la peggiore performance dal 1992, chiudendo la seduta giornaliera a -17%. Per la giornata successiva la CONSOB ha ordinato la sospensione delle vendite allo scoperto, prolungando il divieto per tre mesi su oltre 40 titoli del mercato italiano. Non erano poi state d’aiuto le prime affermazioni riguardo lo spread della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, successivamente ritrattate con la promessa di massima flessibilità all’Italia.
Anche negli USA il panico dilagante ha inevitabilmente causato il crollo dei mercati. L’S&P500 ha registrato la peggiore sessione dal 1987 toccando il -10%, e sempre il 13 marzo Trump ha finalmente dichiarato l’emergenza nazionale, annunciando le prime misure – economiche e non – per combattere una crisi senza precedenti per il mondo moderno.
In quelle settimane la volatilità nei mercati finanziari ha abbondantemente superato i livelli delle precedenti crisi economiche e finanziarie, portando VIX e VSTOXX, i cosiddetti indici della paura, a livelli mai visti prima. L’indice americano VIX ha toccato quota 82 punti, contro i 75 della crisi del 2008, e l’europeo VSTOXX ha raggiunto il massimo storico di 84, superando di gran lunga la quota 60 raggiunta sempre nel 2008.
VIX e VSTOXX
Il VIX statunitense e il VSTOXX europeo rappresentano delle misure chiave per quantificare la volatilità a breve termine nei rispettivi mercati. Vengono inoltre largamente utilizzati dagli investitori per formare le proprie aspettative future sull’andamento del mercato. Entrambi stimano la volatilità implicita delle opzioni call e delle opzioni put sui rispettivi indici (l’S&P500 per il VIX e l’EURO STOXX 50 per il VSTOXX), offrendo una previsione della variabilità del mercato azionario per i successivi 30 giorni (VIX) e 50 giorni (VSTOXX). Per maggiori chiarimenti potete dare un’occhiata all’approfondimento sull’indice della paura VIX.
S&P500 e VIX a confronto
Come accennato, il VIX misura la volatilità dell’indice S&P500, stimandone le variazioni sulla base della volatilità implicita delle opzioni call e put. Detto ciò è facile capire perché l’andamento dei due indici sia caratterizzato da una correlazione negativa. Infatti, nonostante il VIX misuri l’ampiezza delle variazioni senza fare distinzione fra positive e negative, queste ultime risultano più repentine rispetto a quelle positive; questo perché nelle fasi di crescita il mercato si muove in maniera più lenta e costante.
Tali conclusioni sono facilmente deducibili osservando il seguente grafico, che mostra come ai crolli borsistici corrisponda sempre un aumento vertiginoso del VIX.
Il VIX è caratterizzato da una soglia limite che gli investitori utilizzano per analizzare il sentiment del mercato e distinguere le situazioni di risk-off da quelle di risk-on.
- Risk-on: sono le situazioni in cui il mercato è “tranquillo”, la volatilità è bassa e gli investitori tendono a spostare il proprio capitale in strumenti a più alto rendimento, assumendo un atteggiamento di maggiore propensione al rischio. In questo scenario il VIX oscilla tipicamente tra i 15 e i 25 punti.
- Risk-off: rappresentano le situazioni più rischiose, durante le quali gli investitori tendono a liquidare le proprie posizioni in asset particolarmente esposti al rischio al fine di spostarsi su investimenti più sicuri, come oro e titoli di Stato.
Cosa ci si aspetta
In uno scenario ancora incerto come quello attuale è difficile, se non impossibile, fare delle previsioni a breve e medio termine sull’andamento del mercato. In pochi giorni l’S&P500 ha perso tutti i guadagni degli ultimi due anni, tornando ai livelli del 2018. Ma paradossalmente i crolli borsistici creano nuove opportunità per gli investitori. Questo perché i fondamentali delle aziende non cambiano certo dall’oggi al domani, e si potrebbe ipotizzare che acquistare a 70 titoli che fino a ieri erano quotati 100 sia un buon affare. Ovviamente non è così semplice, e ci sono alcuni punti che è bene tenere a mente.
- La presenza di trend ciclici: il mercato statunitense è in una fase di crescita da ben 11 anni, uno dei cicli più lunghi mai visti.
- Comprare ai minimi non è semplice: in queste situazioni di bear market la maggior parte degli investitori vorrebbe cogliere l’opportunità di comprare i titoli sottovalutati, in attesa di un futuro aumento delle quotazioni. Ovviamente è fondamentale il timing dell’investimento, poiché non è affatto scontato che ci si trovi davvero ai minimi, e a causa di ulteriori ribassi ci si potrebbe trovare in una situazione in cui le perdite diventano insostenibili.
- Non sappiamo quanto durerà: la crisi da Covid-19, sanitaria prima ancora che economica, non è paragonabile alle precedenti crisi finanziarie. Secondo varie stime, oltre 2 miliardi di persone sono state coinvolte dal lockdown di questi mesi, e non è detto che la situazione tenda a risolversi definitivamente almeno fino all’identificazione di cure efficaci e di un vaccino.
Al momento ci sono poche certezze e troppe variabili ad influenzare il corso della pandemia. Per questo è ancora troppo presto fare delle stime accurate sul quando e sul come finirà.
A questo proposito, nei primi giorni di lockdown italiano anche l’ex Presidente della BCE Mario Draghi aveva espresso la propria opinione, consigliando una strategia unitaria globale per affrontare la crisi economica portata dal Covid-19. Qui potete leggere l’approfondimento sull’intervista rilasciata da Mario Draghi per il Financial Times.