Dieselgate è il termine utilizzato per descrivere la vicenda della quale si è reso colpevole il gruppo Volkswagen, accusato di gravi irregolarità nella gestione del sistema anti-inquinamento di alcune fra le proprie vetture con motore a gasolio.
Lo scandalo è ufficialmente nato nel settembre 2015 quando il Gruppo Volkswagen riceve una Notice of Violation (NOV) da parte delle autorità statunitensi che cercavano di farsi spiegare i risultati di test condotti su numerose auto della casa tedesca che presentavano valori ben diversi da quelli dichiarati e omologati.
La “colpa” di questi scostamenti nei risultati era da attribuire a un software chiamato defeat device che riusciva, tramite alcuni codici, a riconoscere se la vettura era utilizzata su strada o se invece era in corso un test per valutare le emissioni di ossidi di azoto: il dispositivo valutava la velocità, la pressione dell’aria ed i movimenti di pedali e sterzo e se identificava la situazione come una prova di laboratorio attivava il controllo sulle emissioni, che risultavano così decine di volte inferiori a quelle riscontrabili nell’utilizzo reale (su alcune vetture parliamo di 35 volte inferiori).
In questo modo, le emissioni registrate risultavano al di sotto degli standard sull’inquinamento imposti dalla Environmental Protection Agency (EPA).
Il 18 settembre, l’EPA comunica via Twitter di aver messo sotto indagine il gruppo tedesco Volkswagen che, dopo 3 giorni di attesa, ammette le proprie responsabilità. Da quel momento la situazione precipita:
- il 22 settembre si dimette l’amministratore delegato Martin Winterkorn
- l’azienda quantifica in 11 milioni il numero di vetture coinvolte
- le azioni perdono il 35% del proprio valore in 48 ore
- enti e governi, oltre alle multe salatissime, minacciano di voler ottenere trasparenza e chiarezza sulla vicenda
Cosi il 25 settembre Matthias Müller, il CEO Porsche, viene nominato AD del gruppo e prende forma la riorganizzazione dell’azienda. I primi passi del nuovo AD sono stati quelli di “scusarsi” con i clienti e i vari Stati coinvolti tramite una conferenza stampa e lanciare la nuova campagna pubblicitaria rivolta ai clienti intitolata “riconquisteremo la vostra fiducia”. Fiducia che però i consumatori non hanno mai perso, dato che nel 2015 si è registrato un aumento delle consegne del 2,6% rispetto a quelle del 2014 e un rialzo dell’1,5% delle vendite nel primo semestre del 2016 rispetto a quello dell’anno precedente; permettendogli cosi di guadagnare anche il primato mondiale delle vendite di autovetture nel primo semestre dell’anno.
Nonostante la grande fiducia dei consumatori, che non è venuta a mancare dopo lo scandalo, il Dieselgate si è fatto sentire nel bilancio 2015 di Volkswagen, che ha registrato una perdita netta di 1,58 miliardi di euro con il conseguente taglio per dividendo di 17 centesimi per azione. Inoltre la società ha annunciato una perdita operativa di 4,1 miliardi di euro e accantonamenti per 16,2 miliardi di euro legati. Gli accantonamenti sono stati necessari dopo che la Volkswagen ha concordato un maxi risarcimento di 14,7 miliardi con la magistratura USA.
Oggi però stiamo assistendo ad una ripresa della Volkswagen che, nel primo semestre del 2016, ha aumentato l’utile operativo, nonostante gli accantonamenti di 2,2 miliardi di euro per far fronte agli oneri addizionali previsti negli Usa per lo scandalo. Anche i profitti operativi consolidati sono aumentati, passando dai 6,99 miliardi del primo semestre 2015 ai a 7,5 miliardi di euro: dati migliori di quelli attesi degli analisti, che hanno spinto le azioni Volkswagen fino a ritrovarsi alla Borsa di Francoforte come il titolo migliore dell’indice Dax, con un rialzio di oltre il 5%.
Nonostante la ripresa, il diselgate è un fenomeno che non va lasciato cadere nel dimenticatoio in quanto, oltre ai bilanci e alle quotazioni in borsa, c’è di mezzo la nostra salute e quella del pianeta.