Sabato 5 giugno, i ministri delle finanze delle economie più avanzate del G7 hanno appoggiato una proposta di un’aliquota globale minima del 15% per la tassazione delle grandi imprese, applicata Paese per Paese
Il segretario del Tesoro britannico Rishi Sunak, padrone di casa del meeting avvenuto a Londra, è stato il primo a parlare di accordo “storico” sulla tassazione delle multinazionali.
L’impegno riguarda l’adozione dell’aliquota minima come corporate tax, l’imposta sui profitti d’impresa che secondo Sunak potrà aiutare a combattere i “paradisi fiscali“ e ad affrontare la questione della tassazione dei giganti digitali.
Secondo quanto riportato, le maggiori imprese globali, con margini di profitto di almeno il 10%, vedranno il 20% di tutti gli utili al di sopra di tale soglia riallocato e tassato nei Paesi dove effettuano vendite.
Uno studio condotto dall’EU Tax Observatory ha stimato che la proposta potrebbe generare un maggiore gettito per gli USA pari a $49,9 miliardi all’anno e €48 miliardi per l’UE. L’Italia da sola riceverebbe €2,7 miliardi.
Le reazioni
Mario Draghi ha commentato il risultato ottenuto con molta soddisfazione dichiarando che questo “è un passo storico verso una maggiore equità e giustizia sociale per i cittadini”.
Anche la segretaria del Tesoro Americano Janet Yellen, la prima ad aver già proposto una tassa globale addirittura al 21%, ritiene questo accordo “senza precedenti” e che “metterà fine alla corsa al ribasso nella tassazione aziendale, assicurando equità per i lavoratori negli Stati Uniti e in tutto il mondo”.
I membri del G7 ritengono comunque che questo sia un primo passo che necessita di ulteriori progressi in sede del G20, ma che potrà creare un “terreno comune” in materia di imposizione fiscale a tutte le compagnie globali.