Dopo Uber e Lyft, società quotatesi nel mercato nel 2019, sta per arrivare il momento di Airbnb: il colosso dell’home sharing ha infatti annunciato di essere intenzionato ad entrare a Wall Street entro la fine del 2020.
La rivoluzione dell’home sharing, iniziata nel 2007, ha radicalmente cambiato le abitudini di viaggio e di pernottamento di migliaia di persone, ponendosi in concorrenza diretta con il settore alberghiero. Il maggiore rappresentante di questa rivoluzione è appunto il portale online Airbnb: nato nel 2007 da un’idea di Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk, esso facilita l’incontro tra coloro che cercano un alloggio per brevi periodi e le persone che dispongono di uno spazio extra da affittare, permettendo agli utenti di prenotare stanze o interi appartamenti anche a centinaia di chilometri di distanza dalla propria casa.
Dal 2007 il portale ha realizzato una crescita impressionante, aumentando di giorno in giorno il proprio bacino di utenti e operando acquisizioni quali quella di HomeAway nel 2015 e di HostelTonight nel 2017. Durante l’ultimo round di finanziamenti, tenutosi nel 2017, la società è stata valutata 31 miliardi di dollari.
Lo scorso settembre la società californiana ha dichiarato la propria volontà di quotarsi in Borsa entro la fine del 2020. Il comunicato rilasciato non ha fornito alcuna indicazione né sulla data né sulle modalità di quotazione. Tuttavia, secondo alcune indiscrezioni, la società starebbe pensando ad un direct listing piuttosto che ad una IPO.
Il direct listing è un processo che vede impiegata l’azienda stessa nella gestione dell’offerta pubblica: esso risulta quindi meno costoso, perché permette di evitare il ruolo degli intermediari finanziari e i costi legati alla sottoscrizione, e non necessita dell’obbligo di definire un prezzo di debutto dell’azione. Tramite questa modalità di quotazione, inoltre, non si procede alla creazione di nuove azioni ma vengono vendute quelle già in circolazione. Una delle società che usò il direct listing per il proprio debutto in Borsa fu Spotify nel 2018.
Rispetto a Uber e Lyft, entrambe in perdita e con debiti altissimi, e il cui ingresso sul mercato è avvenuto a prezzi inferiori rispetto a quelli di collocamento, il business di Airbnb sembra decisamente più solido e prospero e ha già attirato l’attenzione degli investitori. La società ha infatti indicato di aver avuto ricavi di oltre un miliardo di dollari durante il secondo trimestre del 2019 e di avere registrato un EBIT positivo sia nel 2017 che nel 2018. L’unico dubbio degli investitori è sollevato dalla legislazione riguardante l’attività di home sharing, che presenta ancora ampie lacune in quasi tutti i Paesi del mondo.