Quando si parla di Covid-19 in America Latina bisogna partire da una premessa fondamentale poiché l’impatto che ha avuto nella regione non è stato lo stesso in ogni Paese. Guardando ai dati ufficiali del 18 maggio 2020 dalla Johns Hopkins University, si notano grosse differenze tra paesi confinanti. Ad esempio, si passa dai 241 mila contagi in Brasile agli 8 mila della vicina Argentina. Per altri Stati, invece, i numeri dichiarati dal governo risultano sospetti.
Brasile: Bolsonaro contro tutti
Il Brasile è il Paese della regione che registra i numeri più alti, con più di 241 mila contagiati e 16 mila morti, rendendolo il quarto Stato più colpito al mondo. Sotto accusa è la gestione del suo Presidente, Jair Bolsonaro, che in un primo periodo ha minimizzato il problema. Il Presidente tutt’ora sottostima la possibilità di azione contenitiva, abbracciando la soluzione dell’immunità di gregge naturale.
Le iniziative locali
Dall’inizio della pandemia si è assistito ad una gestione caotica del problema in Brasile. Se sul piano nazionale si è tardato ad effettuare una chiusura effettiva per il contenimento del coronavirus, diversi governatori hanno imposto di loro iniziativa misure restrittive a livello locale, comunque poco efficaci.
Le favelas, con 13 milioni di persone in condizione di estrema povertà, sono particolarmente a rischio. Nelle baraccopoli misure di quarantena sono state imposte addirittura dai capi delle bande criminali prima che dal governo centrale.
L’autorità di Bolsonaro indebolita
Il governo di Bolsonaro ha dovuto fare i conti con la contrarietà del ministero della Salute brasiliano alla sua linea politica, tesa a ridurre al minimo le misure di contenimento. Per iniziare c’è stato il ministro della Salute Luiz Herique Mandetta rimosso per divergenze con il governo centrale e sostituito da Nelson Teich, che si è dimesso il 15 maggio, dopo neanche un mese di mandato. Il nuovo titolare del ministero è il generale Eduardo Pazuello, uomo molto vicino a Bolsonaro.
Anche il ministro della Giustizia Sergio Moro, a causa delle presunte ingerenze di Bolsonaro nel lavoro della magistratura federale, ha rassegnato le sue dimissioni. Quest’ultima vicenda potrebbe innescare addirittura una procedura di impeachment contro il Presidente in carica.
Argentina: il default spaventa più del coronavirus
Il governo argentino ha reagito in maniera tempestiva alla minaccia del coronavirus, infatti già il 19 marzo sono state emanate le prime misure di lockdown, dodici giorni dopo il primo decesso nel Paese. Tuttavia, l’Argentina sta affrontando altre due crisi che potrebbero mettere in pericolo la sua tenuta sociale.
Febbre dengue e rischio di un nuovo default
La febbre dengue, nonostante abbia dei numeri inferiori alle precedenti ondate che hanno colpito l’Argentina, potrebbe sovraccaricare il sistema sanitario argentino qualora ci dovesse essere un’esplosione dei casi di Covid-19. In secondo luogo c’è il rischio di default. La chiusura imposta in maniera preventiva ha causato nel mese di marzo, secondo il report della società di consulenza Orlando Ferreres, un crollo di quasi il 10% dell’attività economica del Paese e, lo scorso 22 aprile, il Presidente Alberto Fernández ha comunicato l’impossibilità di versare i 500 milioni di dollari per ripagare i creditori internazionali.
I difficili negoziati sul debito
Nonostante alcune proposte di rinegoziazione del debito avanzate dal governo argentino, che preme sul congelamento dei pagamenti degli interessi per tre anni, un taglio al valore delle cedole del 2,33% ed uno spostamento al 2030 dei rimborsi del capitale, l’ultimatum è fissato al 22 maggio. In tale data scadono i debiti contratti con la vendita dei titoli di Stato.
Ripercussioni economiche della regione
Con il coronavirus una contrazione di tutte le economie è inevitabile, soprattutto in un contesto come quello dei Paesi dell’America latina. Secondo le stime del Fondo monetario Internazionale (FMI) si prevede una decrescita del 5,2% per l’intera area.
Le preoccupazioni del Fondo Monetario Internazionale per l’America Latina riguardano due fattori:
- L’elevato tasso di economia “informale”, che a seguito della quarantena ha portato un alto numero di persone senza lavoro o sussidi statali;
- La caduta dei prezzi delle materie prime, principale fonte di sostegno di questi Paesi, che secondo le stime andrebbero a perdere il 10% del loro export.
Le economie più colpite dalla crisi del coronavirus, secondo il FMI, saranno il Venezuela (-15%), il Messico (-6,6%), l’Ecuador (-6,3%), l’Argentina (-5,7%) ed il Brasile (-5,3%).