Il mercato della cannabis è uno dei grandi trend degli ultimi anni. È un mercato giovane con grosse prospettive di crescita. Prohibition Partners, società di consulenza che raccoglie dati sui mercati legali della cannabis, ha pubblicato a gennaio di quest’anno l’«European Cannabis Report» che stima una crescita di tale mercato pari a 123 miliardi di euro entro il 2028. L’uso va dai prodotti per fini farmaceutici allo scopo ricreativo, sfruttando le proprietà del CBD (cannabidiolo) con, invece, minime percentuali di THC (tetraidrocannabinolo).
La corsa all’oro verde ha subito un’impennata a partire dal 2018 cavalcando l’onda dei più di $40 miliardi di investimenti in società che producono e commerciano cannabis legale. Inoltre, le liberalizzazioni in molti Paesi hanno contribuito a creare una bolla attorno a questo mercato, con acquisti massicci da parte degli investitori. Come ogni bolla però anche questa sembra essere esplosa spazzando via $30 miliardi di capitalizzazione.
Dal 2018 al 2019 le cinquanta società più importanti del settore cannabis valevano insieme più di $60 miliardi. Dopo la legge che ha legalizzato la cannabis in Canada questi 50 titoli in media hanno perso il 66% del loro valore di borsa. Proprio il Canada avrebbe circa 400 tonnellate di cannabis legale rimasta invenduta nei magazzini, tale per cui, secondo questi numeri, ognuna delle 51 società canadesi presenti nel settore potrebbe soddisfare, da sola, l’intera domanda del mercato.
Standard & Poor’s Market Intelligence ha calcolato la perdita di capitalizzazione dei maggiori dieci titoli rispetto al massimo storico raggiunto a fine settembre 2018: Tilray, la società di prodotti farmaceutici, ha perso praticamente il 90% dopo un iniziale balzo, in soli sessanta giorni, del 900%; Canopy Growth ha perso il 63%; Aurora Cannabis è passata da valere $8 miliardi a poco più di $2 miliardi; GW Pharmaceuticals, società britannica famosa per la produzione del Sativex, primo farmaco a base di cannabis autorizzato in italia, ha perso il 35%.
Una delle cause di grossa volatilità che sta affrontando questo mercato, secondo gli analisti, potrebbe essere la presenza massiccia di investitori retail rispetto a quelli istituzionali, che conduce spesso a situazioni c.d. di herd behavior (effetto gregge). Tali investitori hanno contribuito a pompare i titoli fino a valori di 10 volte il patrimonio e 64 volte i ricavi per poi venderli in massa quando si sono realizzati i primi segni negativi. Adesso questi numeri sono rientrati a livelli ragionevoli (1,87 e 8,5 rispettivamente per patrimonio e ricavi).