La crescita cinese rallenta, raggiungendo il valore più basso degli ultimi 26 anni. Con l’ultimo trimestre, concluso a settembre, la Cina segna un +6% di crescita del proprio Prodotto Interno Lordo, passando dal +6.2% del secondo trimestre e ancora prima dal +6.4% del primo.
Sicuramente non è recessione, e in Italia si festeggerebbe nelle piazze una crescita del PIL del 6%, ma l’andamento indica un chiaro e importante rallentamento, che riporta il Paese asiatico ai valori di 26 anni fa.
La tensione commerciale con Trump ha sicuramente avuto il suo peso, venendo citata anche dal Fondo Monetario Internazionale come uno dei fattori dietro alla decisione di tagliare la crescita economica globale dal 3.2% al 3%. Da oggi anche l’Europa conoscerà questo peso, visto che sono partiti dazi, di cui tanto si è parlato in questi giorni, per un totale di 7.5 miliardi di dollari su prodotti dall’Unione. A novembre sarebbe atteso un accordo definitivo tra Cina e Usa, che potrebbe finalmente calmare gli animi degli investitori, mentre sul nostro fronte Trump potrebbe ridurre i dazi che andrebbero a colpire l’Italia.
Quella cinese è la seconda economia al mondo se consideriamo il PIL come indicatore, mentre al primo posto troviamo gli Stati Uniti e al terzo il Giappone. Oltre alla guerra commerciale, la Cina sta affrontando altri problemi come un’inflazione in aumento e una bassa domanda interna.
Il cambio di velocità del gigante asiatico si riflette in tutto il mondo, per esempio riducendo la domanda per componenti industriali dagli altri Paesi asiatici e abbassando il prezzo di materie prime anche in Brasile e Australia.