Un argomento sempre bollente è quello del consumo di cibi di origine animale. Questi alimenti non possono mancare sulle nostre tavole anche se l’aumento di soggetti che seguono diete vegetariane o vegane è sintomo di un dibattito che non intende arrestarsi. Gli animalisti sono spesso spinti da motivi etici, gli allevatori fanno leva sulle necessità economiche e gli ambientalisti sono preoccupati per l’eccessivo impiego di risorse nella filiera produttiva. Recentemente l’immagine negativa della carne è associata proprio all’impatto ambientale degli allevamenti e, ancora di più, ai rischi per la salute umana: eccessivi consumi di carne, specialmente rossa, contribuirebbero ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e di alcune tra le più diffuse forme di cancro.
Secondo le statistiche della FAO i paesi sviluppati consumano circa 76kg pro-capite annui di carne contro i 34kg dei paesi in via di sviluppo. Gli Stati Uniti detengono il primato con circa 120kg l’anno. Alcuni studi hanno stimato una correlazione positiva tra il consumo di carne e la ricchezza del paese. In Cina, ad esempio, si sta verificando una sostituzione degli alimenti tipici della dieta base con cibi trasformati o contenenti prodotti carnei. Dal 1985 ad oggi il consumo di carne in Cina è cresciuto del 150%.
Oltre ad una dieta più carnivora e redditi pro-capite più elevati, quest’anno il Paese è stato colpito da una epidemia di peste suina africana che ha portato all’uccisione di milioni di suini, che va ad intaccare un business da 117 miliardi di euro annui. Questa epidemia ha contribuito a far impazzire i listini mondiali con rialzi del 40% su scala globale. La Cina è corsa così all’import di carni suine ma anche la domanda di carni bovine e pollame ha subito un’impennata.
In un periodo di guerra commerciale come quello attuale, la Cina si è vista costretta ad un retro front nei confronti dei rivali occidentali. Le società cinesi infatti importano tali prodotti da società americane. A luglio 2018 però il governo cinese aveva imposto dazi del 25% su carne suina statunitense in risposta ai dazi sanciti da Washington. Per tali motivi le singole imprese attive nel business hanno richiesto lo stop dei dazi in un periodo di necessità assoluta, “obbligando” il ministero delle finanze a dichiarare la sospensione. Tale necessità sopravvenuta potrebbe contribuire ad alleggerire le tensioni tra i Paesi con un ritiro reciproco di alcuni dazi.
Una possibile soluzione futura potrebbe arrivare dalla carne “vegetale”. Xiaomi, sulla scia della più nota Beyond Meat, ha proposto al suo pubblico hamburger di finta carne ottenuti da un processo di lavorazione di proteine vegetali. La finta carne di Xiaomi viene prodotta da soia, piselli e grano non OGM e offre un apporto nutritivo di 11,7 grammi di proteine per 100 grammi di prodotto. Si tratta di un prodotto privo di colesterolo. La confezione da 4 hamburger, in totale 220 grammi, costa 118 RMB/CNY pari a poco più di 15 euro.