L’ICE, l’ufficio per l’immigrazione statunitense, ha stabilito il 7 luglio che il visto per gli studenti stranieri che frequentano corsi con sole lezioni online, con poche eccezioni, non sarà più valido. Questo, nel momento in cui le maggiori università hanno trasferito quasi tutte le attività su canali telematici a causa del coronavirus, coinvolgerebbe quasi tutti gli iscritti non americani, che non potrebbero restare nel Paese.
Tali restrizioni possono avere gravi effetti, essendo applicate proprio nel periodo dell’anno in cui avvengono le iscrizioni. I college statunitensi perderebbero decine di milioni di dollari.
Coronavirus nelle università USA
Alcune università degli Stati Uniti hanno deciso di non riaprire per via dell’epidemia del Covid-19, che sta colpendo con particolare forza il Paese. Tuttavia, queste lo hanno fatto di loro iniziativa, mentre il governo centrale spinge per mandare avanti le attività come di norma. Secondo il Chronicle of Higher Education, l’8% degli istituti ha pianificato lezioni solo da remoto, il 60% prevede lezioni in presenza ed il 23% un modello ibrido, con un ulteriore 8,5% ancora incerto.
Governo contro università
L’impressione è che l’intento della Casa Bianca sia quello di far riaprire le porte degli atenei ad ogni costo, per non dare l’immagine di una nazione in difficoltà. Le reazioni sono state dure ed immediate. In prima linea Harvard ed il MIT hanno sporto denuncia contro l’amministrazione Trump, parlando della nuova direttiva come di un vero e proprio ricatto. Ulteriore scopo della nuova legge sembra essere proprio quello di ridurre il numero di studenti esteri negli USA, volontà espressa da alcuni membri dell’amministrazione Trump. Ciò comporterebbe, però, la rinuncia alle ingenti entrate legate ad iscrizione e frequenza negli atenei.
La Nafsa ha stimato che, in un anno, gli studenti stranieri negli Stati Uniti partecipano all’attività economica per 41 miliardi di dollari e sostengono circa mezzo milione di posti di lavoro.