La candidatura di Michael Bloomberg è stata una delle notizie dell’anno nel panorama politico degli Stati Uniti. Lo scorso mese, infatti, l’ex sindaco di New York ha deciso di candidarsi alle primarie del Partito Democratico che si terranno tra i mesi di febbraio e giugno 2020, in vista delle elezioni generali di novembre. Obiettivo del miliardario, nella top ten degli uomini più ricchi del mondo secondo Forbes, è quello di battere clamorosamente l’avversario repubblicano e già presidente Donald Trump.
Il neo candidato anche se ha iniziato la sua campagna politica in ritardo rispetto ai colleghi di partito, è tornato in stati come il Michigan, il Wisconsin e la Pennsylvania per ricostruire quelli che un tempo erano noti come “Blue Wall”, ovvero stati in cui i democratici hanno vinto dal 1992 al 2012, perdendoli poi nel 2016 con l’elezione di Trump.
Via via che la campagna si fa più fitta stanno iniziando a sorgere alcuni interrogativi su come Micheal Bloomberg possa gestire l’omonima società di cui possiede l’85%, la quale occupa un ruolo di spessore nel settore Notizie.
Bloomberg L.P. è la multinazionale del magnate statunitense che comprende tv, giornali, radio, internet ed è attiva dal 1983. La società è un punto di riferimento per gli addetti ai lavori nel comparto finanza, con notizie in tempo reale, analisi e diffusione di dati e notizie. Il prodotto di punta è Bloomberg Terminal, ovvero un software per monitorare l’andamento dei mercati finanziari e piazzare ordini su piattaforme elettroniche di trading. La sottoscrizione annuale costa circa $20.000 e si stima che oltre trecento mila persone abbiano acquistato il servizio, contribuendo all’80% del fatturato annuale ($10 miliardi nel 2018).
Il direttore di Bloomberg News John Micklethwait ha annunciato le regole che dovrà seguire l’agenzia di stampa. La linea predisposta prevede l’annuncio di sole notizie di rilievo e solo dopo che sono state date dalle altre agenzie, come successo già al momento della candidatura alle primarie. Ogni editoriale deve essere firmato e mai discusso in prima fase con Michael Bloomberg. I giornalisti non investigheranno né su Bloomberg né sugli altri candidati alle primarie per evitare favoreggiamenti o atteggiamenti lesivi dell’immagine pubblica. Stesso trattamento non vale per Trump anche se è stato dichiarato che verrà interrotto qualora Bloomberg vincesse le primarie. Inoltre in ogni pezzo pubblicato riguardante le elezioni verrà sottolineato che uno dei candidati possiede il giornale.
Certamente la situazione è delicata poiché nessuno dei candidati alla presidenza ha mai avuto una testata giornalistica di tale portata, con 2700 giornalisti da 120 paesi.
Per gli italiani questa non è proprio una novità, sin dal 1994 quando Silvio Berlusconi si candidò alla presidenza del consiglio possedendo Mediaset, Il Giornale, case editrici e riviste. È noto che, in quel caso, i media del Gruppo Fininvest ebbero un ruolo netto nel successo di Berlusconi come politico.
È importante notare che tale vicenda potrebbe non durare a lungo poiché i recenti sondaggi vedono l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg poco sopra il 5%, sotto il grande favorito Joe Biden al 27%, Bernie Sanders al 19%, Elizabet Warren al 16% e Pete Buttigieg al 9%.