Il coronavirus potrebbe comportare delle conseguenze notevoli sulla crescita globale prevista per il 2020, inizialmente stimata intorno al 3%, ma adesso più che mai in discussione. Il virus, infatti, è causa in questi giorni di un rallentamento dell’economia cinese che non pare sia in grado di riprendersi in un periodo molto breve; tale rallentamento, tuttavia, potrebbe incidere notevolmente sull’economia globale, causando un impatto economico negativo data la forte influenza della Cina.
Chi potrebbe risentirne maggiormente
Secondo diverse agenzie, sarà il turismo il settore maggiormente colpito, frutto del clima di incertezza e di paura che dilaga tra le persone, anche se i timori legati all’epidemia hanno già colpito diverse aziende di calibro mondiale in altri settori come Toyota, Apple, Starbucks e Xiaomi. La casa automobilistica giapponese ha deciso di interrompere, almeno momentaneamente, la produzione di autovetture in Cina, mentre il colosso della telefonia Xiaomi e Starbucks hanno deciso di chiudere i lori negozi, ovviamente con degli impatti tutt’altro che positivi sui loro bilanci. La casa di Cupertino, invece, ha deciso di chiudere i suoi negozi e gli uffici situati in Cina almeno fino al 9 febbraio, decisione presa anche da Google.
Tali decisioni, ovviamente, stanno avendo delle ripercussioni negative tanto sulla Cina quanto a livello mondiale, dati i rallentamenti produttivi che hanno colpito tutto il settore del Made in Cina, ed il possibile innalzamento dei prezzi, dando così ulteriore dimostrazione dell’importanza del Paese del Dragone.
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Chi potrebbe trarne “vantaggio”
Nazioni come Vietnam, India, ma anche Bangladesh ed Etiopia potrebbero divenire delle alternative alla Cina data la loro composizione naturale e la presenza di diversi elementi che potrebbero favorire – tra le altre – la produzione tech, come ad esempio le terre rare. Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che i suddetti paesi sono caratterizzati da un enorme sviluppo e da elevati tassi di crescita, e che, a causa del poco elevato costo del lavoro, potrebbero riuscire a sostituire la Cina per le lavorazioni manifatturiere. Ad esempio, il Bangladesh, dove le esportazioni di abbigliamento sono elevatissime, potrebbe sostituire più che degnamente la Cina in questo settore; l’unico limite sembra essere rappresentato dalle rispettive popolazioni, che singolarmente risultano essere nettamente inferiori rispetto al Paese di Xi Jinping, ma che complessivamente potrebbero riuscire a coprire la produzione. Anche gli Stati Uniti potrebbero beneficiare di questo rallentamento, ma solo per quanto riguarda la produzione complessa: infatti negli USA il limite è rappresentato dall’elevato costo del lavoro.