Nel corso dell’ultimo decennio sempre più aziende hanno fatto investimenti in opere ed attività finalizzate a supportare le comunità in cui operano, con azioni non finalizzate al profitto. Guardando al quadro complessivo, si nota come ci sia una correlazione tra il successo di un’azienda e le sue politiche sociali.
Secondo diversi economisti ci sono numerose ragioni per cui le imprese investono una parte dei loro capitali in opere senza un apparente rendimento. Tra queste, c’è soprattutto il ritorno indiretto generato grazie alla buona pubblicità. Inoltre, queste sono un modo per combattere il cosiddetto short-termism del management o, ancora, un modo per compensare le lacune delle istituzioni pubbliche, per sincero spirito filantropico. Come sottolinea il The Economist in un lungo approfondimento, però, nonostante gli effetti positivi di tale approccio, si possono notare due gravi debolezze: la mancanza di responsabilità e di dinamismo.
Nel primo caso si discutono gli effetti di come un paradigma nel quale a dettare le sorti di intere comunità sia il management delle grandi corporations; un approccio di questo tipo infatti finirebbe per lasciare a questi ultimi il potere decisionale non solo in ambito economico ma anche sociale, accentrando ancora più potere nelle mani dei pochi.
Nel secondo caso, invece, il cosiddetto “social corporatism” rischia di minare il dinamismo sul quale il capitalismo si è sempre basato. Le grandi innovazioni e i cambiamenti di paradigma sono stati incoraggiati dalle logiche di tale sistema, premiante l’allocazione di capitale in nuove tecnologie a scapito di quelle più obsolete, che questo nuovo approccio sta minando.
La direzione nella quale bisognerebbe procedere, continua il The Economist, è un’esaltazione sia della responsabilità che del dinamismo, con l’obiettivo di ridurre il gap tra le volatili preferenze della domanda e l’offerta. Una soluzione, si legge, potrebbe essere quella di accrescere la base di persone che detengono il capitale delle imprese, favorendo una più ampia partecipazione delle comunità alle scelte strategiche aziendali, ora ancora in mano a pochi eletti.