Dopo i voti persi in parlamento, l’approvazione di leggi contro il no-deal e l’abbandono del partito da parte di vari esponenti, Boris Johnson registra l’ennesima sconfitta: la Corte Suprema del Regno Unito annulla la sua decisione di interrompere i lavori del Parlamento.
A fine agosto di quest’anno, l’attuale primo ministro Boris Johson aveva compiuto un’azione molto controversa, mettendo uno stop al Parlamento del proprio Paese. La giustificazione usata fu quella della durata della sessione dei lavori, ritenuta ormai troppo lunga. Ma la vera motivazione dietro alla mossa era impedire che venissero presentate e approvate leggi contro la Brexit. Infatti, con lo stop, il Parlamento avrebbe ricominciato a riunirsi solamente dal 14 ottobre, pochissimi giorni prima della scadenza per l’uscita dall’Europa del 31 ottobre.
I leader dell’opposizione Jeremy Corbyn chiede le dimissioni del primo ministro, che è ora anche colpevole di aver convinto la Regina a firmare un provvedimento ritenuto ora illegale. La scelta della Corte, composta da 11 giudici, è stata unanime e segue una campagna di protesta con petizioni da milioni di firme.
«La decisione di consigliare Sua Maestà di “prorogare” il Parlamento è illegale perchè ha avuto l’effetto di ostacolare l’abilità del Parlamento di compiere le sue funzioni costituzionali senza una giustificazione accettabile»
Il tempo è prezioso: lo speaker John Bercow ha invitato i parlamentari a presentarsi già da domani, dunque venti giorni prima della data prevista secondo lo stop. Johnson non sembra particolarmente colpito dalla decisione, continuando ad affermare che il 31 ottobre il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea.