Il 6 novembre 2019 il Primo ministro britannico, Boris Johnson, come aveva già annunciato, si è recato dalla regina Elisabetta II, a Buckingham Palace, per far sciogliere il parlamento. La regina ha accolto ufficialmente la richiesta di Johnson ed ha dato quindi il via libero definitivo alle elezioni anticipate, che si terranno il 12 dicembre 2019.
Perché Johnson ha voluto la caduta del governo
Già da tempo il Primo ministro del Regno Unito aveva reso noto la sua intenzione di porre fine in anticipo alla legislatura. La ragione di questa scelta sta nella mancanza, nel parlamento inglese, di una maggioranza che appoggia il Premier sul tema Brexit. Infatti, anche fra i deputati del partito Conservatore, di cui Johnson fa parte, molti non sono d’accordo con la linea secondo cui sarebbe necessario uscire dall’Unione Europea il prima possibile e ad ogni costo.
Sul tema elezioni anticipate, Johnson ha commentato
<<Nessun Primo ministro avrebbe voluto tenere un’elezione a dicembre ma soltanto dopo aver fatto la Brexit ci si potrà concentrare sulle priorità del popolo britannico>>.
L’attuale scenario politico del Regno Unito
Al momento in cui viene sciolto il parlamento, i Conservatori sono il primo partito, con il 38% delle intenzioni di voto in Gran Bretagna (che non comprende l’Irlanda del Nord), seguono i Laburisti con il 31%. Entrambi i due storici partiti del Regno Unito sono però in forte calo rispetto al risultato delle precedenti elezioni politiche, del 2017, rispettivamente del 5% e del 10%. Al terzo posto ed all’interno di un trend di forte crescita si trova il partito Liberal Democratico, che con il 15% conquista il 7% in più rispetto al 2017 (fonte: sondaggio politico IPM del 4 novembre 2019)
Il Brexit Party, partito nato da poco che non si è potuto presentare alle elezioni del 2017, vanta ben il 9% delle preferenze. Il leader e fondatore di questa forza politica, nonché fautore del referendum che diede inizio alla Brexit, Nigel Farage, non si candiderà di persona ma girerà il Paese per fare campagna elettorale in favore del suo gruppo.
Le posizioni dei diversi partiti sulla Brexit
La Brexit è il tema centrale delle elezioni del 12 dicembre. Queste, d’altronde, possono essere definite come uno degli snodi storici più importanti della Storia del Regno Unito, proprio perché andranno a definire la futura posizione di Londra in Europa.
I conservatori
Il nuovo gruppo Conservatore che Johnson vuole portare in parlamento, insieme al Brexit Party, spinge sulla così detta Hard Brexit. La vittoria del Premier uscente porterebbe a spingere per concludere il prima possibile il processo di uscita dall’Unione Europea a costo di farlo senza nessun accordo.
I Laburisti
Il partito Laburista, guidato da Jeremy Corbyn non si oppone in modo netto alla Brexit, tuttavia propone di fare un nuovo referendum, per chiamare il popolo britannico a votare una seconda volta sul tema. Infatti, secondo le parole di Corbyn, non è ammissibile che un passaggio storico così delicato e dirompente venga deciso da un referendum vinto dai pro-Brexit per un distacco minimo (meno del 2%).
In caso di Brexit, Corbyn ha parlato di voler portare avanti un accordo di unione doganale con l’Unione Europea. Questa ipotesi è stata tuttavia stroncata dalla risposta di Jean-Claude Juncker, che in un’intervista ha definito l’idea del leader laburista irrealistica.
I Liberal Democratici
Il partito Liberal Democratico si oppone in maniera categorica alla Brexit. La sua leader, Jo Swinson, ha ribadito che la forza politica di cui fa parte farà tutto il possibile per impedire l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Infatti, secondo Swinson
<<Ogni forma di Brexit danneggerà l’economia>>.