La conferenza dell’ONU sul clima di Madrid 2019 è stata l’ennesimo sterile tentativo di trovare un meccanismo di mercato internazionale capace di porre un freno all’emergenza ambientale. Infatti, il quadro politico emerso è quello di tanti buoni propositi di rito che, nei fatti, si dimostrano privi di risultati programmatici concreti.
Dopo più di vent’anni di chiacchiere e finte prese di coscienza, i nodi sembrano essere sempre gli stessi. La posizione degli USA era già chiara quando nel 1997 si rifiutò di firmare il protocollo di Kyoto, così come si mostravano false le speranze siglate dagli Accordi di Parigi del 2015, nella convinzione che la buona fede dei singoli Paesi potesse fungere da spartiacque in vista di un reale cambiamento. A fronte di queste ed altre consapevolezze, per il 2020 sarebbero necessarie delle linee d’azione più marcate all’interno di un quadro di politiche globali.
Tra il dire e il fare
Le notizie giunte dalla conferenza ONU di Madrid, piuttosto che fornire delle risposte hanno contribuito ad alimentare i dubbi sulla reale efficacia degli accordi sul clima. Lungo questi 25 anni di Cop, in generale si può affermare che gran parte degli obiettivi sottoscritti dai diversi Paesi più che trovare effettiva corrispondenza nella realtà hanno finito per essere schiacciati dal peso delle loro stesse aspettative. Le dichiarazioni in favore della difesa dell’ambiente sembrano, fino al 2019, essere quasi sempre rimaste solo finalizzate all’apparenza. L’unico risultato concreto davvero ottenuto, oltre a leggi di poca rilevanza effettiva, è stato quello di rendere le masse più consapevoli del problema ambientale.
L’UE come una bottiglia d’acqua nell’oceano
Diminuire il livello di CO2 nell’aria è un obiettivo necessario. Sebbene l’Europa negli ultimi vent’anni ha ridotto la sua quota di emissioni del 16%, gli altri Paesi non si sono dimostrati altrettanto attenti. Ci si riferisce in particolare alla Cina ed all’India che, in quanto mercati emergenti, hanno messo al centro della propria crescita lo sviluppo economico piuttosto che le politiche ambientali, acquistando quote per inquinare dai paesi più avanzati nel processo di decarbonizzazione. Poi ci sono gli Stati Uniti, nel 2019 con Trump, che proprio a Madrid ha dichiarato di voler retrocedere dagli Accordi di Parigi subito dopo le elezioni del 2020. Per quanto apprezzabile possa apparire la buona condotta europea, questa rischia di perdersi come una goccia in un oceano. Se si osserva il quadro globale, infatti, le emissioni piuttosto che diminuire sono addirittura aumentate del 54%.
Il problema climatico non può essere risolto del tutto senza che le principali super-potenze adottino un approccio sostenibile, trascinando con sé il mercato lungo la strada della transazione energetica. Quello del cambiamento climatico, date le attuali tensioni commerciali tra Cina-USA, è una delle maggiori fonti di rischio e preoccupazione per il futuro a lungo termine, anche dell’economia mondiale. Infatti la desertificazione e l’innalzamento del livello dei mari causeranno nel tempo danni non indifferenti.