Il 26 maggio 2021 la Corte dei Conti ha pubblicato un report sulla situazione delle università e dei laureati in Italia, il Referto sul sistema universitario 2021, sottolineando in particolare l’aumento della cosiddetta fuga di cervelli. Le persone con un’istruzione terziaria che decidono di lasciare il Paese, infatti, sarebbero aumentate del 41,8% dal 2013 al 2020. Tuttavia, allo stesso tempo, il numero di ragazzi che frequentano l’università in Italia è in aumento. Riprendendo i dati pubblicati dalla Corte dei Conti, infatti, nel 2007 il 19% dei giovani fra i 25 ed i 34 anni aveva una laurea, nel 2017 il 27%.
Il report della Corte dei Conti parla di un aumento del 41,8% rispetto al 2013 ma, in realtà, non è del tutto chiaro di quale periodo si stia parlando. Dal contesto si deduce che dovrebbe essere riferito all’ultimo anno trascorso, ovvero il 2020, ma questo non è scritto in modo esplicito.
Le cause delle difficoltà
Per la Corte dei Conti, i laureati in Italia sarebbero colpiti dalle scarse competenze professionalizzanti offerte dalle università italiane, carenti soprattutto in ambito digitale. Infatti, molti ragazzi fanno il loro ingresso nel mondo del lavoro impreparati, privi di diverse conoscenze fondamentali ormai quasi in ogni azienda. Una possibile soluzione è quella di seguire corsi privati, da affiancare alla formazione, ma il costo spesso non è sostenibile per famiglie a basso reddito che già devono pagare le tasse universitarie. Questo fattore indebolisce in generale la forza dei giovani laureati italiani sul mercato del lavoro, sia in patria che all’estero.
Per quanto riguarda la fuga di cervelli, invece, la principale causa sta nelle condizioni occupazionali nella Penisola. Ragazzi usciti dall’università e del tutto preparati, nonostante le carenze dei programmi, in Italia trovano comunque stipendi bassi rispetto a quelli offerti in altri Stati OCSE. Un laureato nel Belpaese guadagna il 39% in più di qualcuno senza un titolo di studio, contro una media OCSE del 57%. Inoltre, è molto difficile ottenere un contratto a tempo indeterminato, con una preoccupante diffusione del lavoro precario, fenomeno che colpisce soprattutto i ricercatori, che sono anche i maggiori protagonisti dell’emigrazione.
Le disuguaglianze
In Italia, a differenza che negli altri maggiori Paesi europei, il costo dell’università è quasi del tutto a carico delle famiglie. Mancano strumenti efficaci per sostenere gli studenti più poveri, dei quali infatti molti meno riescono a concludere gli studi. Per quanto riguarda le disuguaglianze di genere, invece, non si registra alcuno squilibrio, nonostante diverse università stiano attuando, nel 2021, politiche per aumentare la partecipazione femminile. Infatti, secondo i dati della Corte dei Conti, sul totale degli studenti il 55% sono donne. Tale dato permette di sperare in una sempre più forte riduzione degli squilibri di genere anche sul lavoro, nei prossimi anni.