“Viruses don’t need passports”. Con questa frase, appena pochi giorni fa Michael Merson, professore alla Duke University’s Global Healt Institute, parlava sul Wall Street Journal di come non sorprenda che il Covid-19 sia diventato un problema planetario. Al contrario, quando la Cina ha iniziato a mostrare i primi segnali di pericolo, tutti gli altri Paesi del mondo sono rimasti ad osservare come se il problema fosse troppo lontano dai propri confini. Questa “impreparazione” si è resa particolarmente esplicita nelle ultime settimane, quando anche in Italia la dispersione dei casi era ormai troppo diluita per poter circoscrivere il problema a una sola regione.
Il virus spaventa sempre di più Wall Street
Nella giornata di ieri l’Organizzazione Mondiale di Sanità ha dichiarato ufficialmente la pandemia, dopo che il numero di contagi ha superato quota 100 mila su tutto l’emisfero. Come era facile prevedere, questo ha ulteriormente esasperato il nervosismo dei mercati: Wall Street gira in rosso a metà giornata del 12 Marzo con il Dow Jones a -9,32% e il Nasdaq a – 8,22%, nonostante una leggera ripresa intraday del giorno precedente subito dopo la dichiarazione di Trump sulle politiche fiscali in aiuto all’economia. Naturalmente questo tonfo non nasce dal nulla, ma dalla conferma un pò a sorpresa di bloccare i voli da/per l’Europa per i prossimi 30 giorni. Fino a ieri sera infatti, Trump aveva portato avanti l’immagine di un Paese stabile e forte, preoccupato per gli effetti del coronavirus sulla fiducia degli investitori. Ma a pochi giorni di distanza dalle precedenti dichiarazioni in cui descriveva l’epidemia come “un semplice raffreddore passeggero”, l’inquilino della Casa Bianca raffredda i toni e si prepara a contenere il numero contagi (saliti a oltre quota 1.200 in US).
Un doppio problema per Trump
Gli effetti del coronavirus oltre oceano, potrebbero essere ancora più devastanti di quelli che stiamo attualmente vivendo nel continente europeo – l’Italia in particolare. Infatti, il Governo americano ha registrato un forte ritardo nell’individuazione e nella presa in carico della situazione di emergenza epidemica. A destare molti sospetti è sopratutto la visione distorta dei dati relativi al numero dei contagi, dovuta principalmente al fatto che sono stati fatti troppi pochi test rispetto a quelli somministrati in Cina e in Europa – in primis per via degli elevati costi sanitari USA. A questo si aggiungono le preoccupazioni circa la strategia comunicativa del Presidente Trump che, almeno fino alla giornata di ieri, si mostrava più interessato al normale andamento dei titoli piuttosto che al benessere dei propri cittadini. Con sorpresa, ieri ci sono stati segnali di maggiore consapevolezza dichiarando il blocco all’Europa, sottolineando che non si tratta di una crisi economica quanto, piuttosto, di un inconveniente passeggero. Forse, ha capito che il virus corre molto più veloce di un suo messaggio su Twitter.