In uno scenario che vede le nazioni asiatiche caratterizzate da tassi di crescita sempre più elevati (ne abbiamo parlato qui) l’altra faccia della medaglia è rappresentata dall’Europa, sempre meno centrale nelle economie mondiali rilevanti, e con una crescita tutt’altro che rapida. Tra il 2015 ed il 2016, mentre Cina, India, Vietnam ed Indonesia, crescevano a non meno del 5%, in Europa la situazione era opposta, con i rispettivi tassi di crescita:
2015:
– Germania 1.3
– Francia 0.9
– Italia 0.4
– Spagna 2.0
– UK 2.7
2016:
– Germania 1.5
– Francia 1.3
– Italia 0.8
– Spagna 1.8
– UK 2.4.
Nel 2019 la situazione non pare essere cambiata: nel secondo trimestre, secondo le stime di Eurostat, la crescita appare ferma ad un misero 0.2%, con un aumento del PIL del solo 1.1% rispetto all’anno precedente. Non a caso, infatti, la Germania, definita da molti come la locomotiva d’Europa, ha rivisto le proprie stime al ribasso con gli effetti dettati dalla recessione. Ancora, la Francia appare solida ma troppo debole per trainare l’Europa, mentre l’eventuale Brexit potrebbe danneggiare notevolmente l’economia occidentale, senza parlare dell’Italia al momento fanalino di coda in quanto a crescita.
L’idea di eurocentrismo nata alla fine dell’800, pare oggi più che mai superata almeno in termini economici: il mondo non è più eurocentrico.
Negli anni ‘90 i Primi paesi maggiormente industrializzati erano rispettivamente: Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito e Italia. Il Belpaese, nel 1991, secondo un rapporto del Business International, riuscì addirittura a divenire il quarto Paese maggiormente industrializzato, lasciando indietro, seppur per un breve periodo, Francia e Regno Unito. È tuttavia fondamentale notare come quattro Paesi su sei facevano parte dell’eurozona. Oggi, invece, tra i primi sei Paesi maggiormente industrializzati ne troviamo solo tre provenienti dal continente europeo, con uno nuovo ingresso rispetto alla classifica stilata nel ‘91: la Cina. I Paesi maggiormente industrializzati sono rispettivamente: Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, Regno Unito e Francia.
La crescita delle economie asiatiche è esponenziale e su tutte c’è quella cinese appunto, ancor più rilevante se accompagnata da un periodo di forte stagnazione delle economie europee.
Le previsioni non pare siano dalla parte dell’Europa.
Secondo una rielaborazione da parte di Bloomberg dei dati del Fondo Monetario, nei prossimi cinque anni lo scenario mondiale continuerà a cambiare, prevedendo una crescita ancor maggiore dell’India e di molti paesi asiatici, seguito da un ulteriore rallentamento dell’Europa, trainata dalla sola Germania. Spagna e Polonia, inoltre, non dovrebbero più fare parte delle prime 20 nazioni leader nell’economia globale.