Cos’è la mobilità sociale
Per mobilità sociale si intende la possibilità per un individuo di riuscire a modificare il proprio stato socioeconomico nell’arco della sua vita, in relazione al suo punto di partenza nel mondo lavorativo e rispetto alla condizione dei suoi genitori.
Oltre che di mobilità di reddito, che indica la variazione delle condizioni economiche, si parla anche di mobilità educazionale, relativa al grado di studio ottenuto. Ogni tipo di mobilità può essere osservata in termini assoluti oppure in termini relativi, ovvero in relazione alle condizioni socioeconomiche della famiglia di provenienza.
Un buon grado di mobilità sociale è correlato a una serie di altri indicatori che rappresentano lo stato di benessere socioeconomico di una società.
Primo fra tutti vi è un equo accesso al sistema sanitario e ai sistemi di welfare e protezione sociale, senza i quali le disuguaglianze sociali sono inevitabili. Fondamentali sono poi l’accesso equidistribuito all’istruzione, che ovviamente genera più possibilità se è di buon livello, e le occasioni di accesso al mondo del lavoro.
Tra i lavoratori, poi, un buon grado di mobilità è correlato a elevate opportunità di formazione continuativa, che permettono avanzamenti di carriera e aumento della produttività, ma soprattutto della soddisfazione professionale.
Sul fronte del reddito tutto questo genera sistemi più equi, dove il reddito delle fasce più basse e di quelle più alte è equidistribuito, con livelli non troppo distanti tra loro.
La mobilità varia nei diversi Paesi
Secondo il rapporto annuale del World Economic Forum, primi al mondo in termini di mobilità sociale sono le economie del nord Europa, caratterizzate da sistemi di welfare altamente efficienti, da alti livelli di istruzione e mercati del lavoro altamente flessibili. Il primo posto è per la Danimarca, seguita da Norvegia, Finlandia, Svezia e Islanda. Tra i Paesi del G7, prima è la Germania all’undicesimo posto, poi Francia (12°), Canada (14°), Giappone (15°), UK(21°) e USA (27°).
L’Italia è solo al 34° posto, nonostante il reddito lordo sia elevato, le condizioni di accesso al sistema sanitario siano sopra la media degli altri Paesi sviluppati, e l’accesso, la qualità e l’equità dell’istruzione siano in linea con la media, così come i salari.
L’OECD riporta che il 67% dei figli di persone che non hanno un’istruzione secondaria superiore mantiene lo stesso grado di educazione dei genitori, e solo il 6% ottiene una laurea, dato decisamente inferiore rispetto alla media OCSE.
Il 41% dei lavoratori sceglie lo stesso tipo di lavoro dei genitori, specialmente se si tratta di lavori manuali che tipicamente restituiscono redditi non elevati.
E proprio su questo punto si osserva la relazione tra la bassa mobilità sociale e le disuguaglianze: secondo l’OECD, il primo quintile di reddito (ovvero il 20% dei redditi più bassi) in Italia ha possibilità di miglioramento del 5,5% minore rispetto alla media OCSE, cosa che non accade per i redditi più alti, che invece hanno una mobilità in linea con gli altri Paesi OCSE.
Il World Economic Forum sulla mobilità sociale
Secondo il WEForum il problema italiano sta nel mondo del lavoro e nei sistemi di protezione sociale.
Le opportunità di lavoro sono al di sotto della media degli altri Paesi avanzati, e vanno di pari passo con l’elevata disoccupazione, a cui si aggiunge un preoccupante tasso di giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET (19%). I sistemi di protezione delle famiglie in difficoltà, soprattutto per soggetti che hanno perso il lavoro, sono migliorabili, ma anche per chi è dentro il mondo del lavoro la possibilità di ricollocamento e riqualificazione è difficoltosa. Un basso livello di formazione formale continuativa è complice di questa dinamica: soltanto il 12,6% delle aziende risulta offrire tale formazione ai propri dipendenti.
Migliorare ci conviene.
Una limitata mobilità sociale non è infatti soltanto un problema di equità sociale e di pari opportunità. Essa implica un inefficace sfruttamento dei talenti che si potrebbero reperire nel panorama professionale, una rigidità tra professionalità diverse, e un freno alla capacità di spesa di chi non riesce a incrementare il proprio reddito.
Il WEForum stima che con un aumento di 10 punti della mobilità sociale, l’Italia potrebbe incrementare il proprio PIL di quasi il 5% in 10 anni.
L’OECD individua tre principali vie per un miglioramento della situazione italiana: un sempre migliore accesso all’istruzione e la permanenza nel sistema educativo, la lotta alla disoccupazione e all’inattività e il miglioramento dei sistemi di sostegno a chi, una volta perso il lavoro, non deve cadere in povertà. Ma anche i privati possono fare qualcosa: il WEForum suggerisce alle imprese di promuovere al proprio interno la cultura della mobilità e dello sviluppo orizzontale e verticale delle skills professionali.