La classifica europea dei Paesi con il maggiore utilizzo di contante vede al primo posto l’Italia, dove l’86% delle transazioni avviene a mezzo di moneta cartacea, e all’ultimo la Svezia, che si è posta l’obiettivo di divenire completamente cashless entro il 2023. Un primato nel mercato dei servizi di pagamento che il nostro Paese vorrebbe perdere.
Il principale problema relativo all’utilizzo della moneta cartacea è collegato ai rischi di evasione e di riciclaggio, e in tal senso vanno lette le numerose misure legislative che sono state varate nel corso degli anni dai diversi esecutivi per limitare e regolare l’uso del contante. Tra le principali norme oggi in vigore si ricordano:
- l’imposizione di una soglia massima di utilizzo del contante pari a 3.000 euro;
- l’obbligo per i negozianti di avere un POS e di consentire il pagamento tramite bancomat per qualsiasi importo;
- il divieto di saldare gli stipendi in contanti;
- l’obbligo di pagare il carburante non in contante per potere ottenere la relativa detrazione dell’Iva;
- la presenza di controlli per chi preleva o versa sui propri conti correnti somme superiori ai 10 mila euro mensili (in questo caso è compito degli stessi intermediari finanziari avvisare l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, la quale avvierà i controlli sulle possibili attività di riciclaggio).
Per dare una stretta all’uso del contante e compiere un ulteriore passo avanti verso la tracciabilità dei pagamenti e la lotta all’evasione, nella nota di aggiornamento al Def (Nadef) presentata a Settembre 2019 è stato ipotizzato un “bonus tracciabilità”, già approvato dal Consiglio dei Ministri. La misura ha un duplice obiettivo: incentivare l’uso di moneta elettronica e ridurne i relativi costi di transazione. Tale riduzione potrebbe, ad esempio, concretizzarsi nell’azzeramento delle commissioni per gli esercenti su spese inferiori ai 5€ o nella loro diminuzione per gli importi sotto i 25€.
Nel dettaglio, il bonus di tracciabilità prevede che chiunque utilizzi la moneta elettronica per i pagamenti in settori considerati ad alto rischio di evasione possa beneficiare di una detrazione del 19% sulle spese e di un cash back del 2% o del 4% sugli importi spesi.
La prima misura vedrebbe la restituzione di una parte dell’importo pagato nell’anno precedente, calcolata sulla base delle spese tracciate. Il rimborso massimo sarà di 475 euro (somma derivante dall’applicazione della percentuale del 19% sul tetto massimo di spesa annua, pari a 2.500 euro) e tale somma sarà spendibile, sempre tramite moneta elettronica, per beni e servizi in settori ad alto rischio di evasione.
Il cash back, invece, si declinerà in una restituzione del 2 o del 4% della somma spesa con moneta elettronica sull’estratto conto. Tale restituzione potrà essere mensile o trimestrale e si tradurrà, indirettamente, in una misura di riduzione dell’Iva per il consumatore finale. L’idea di un cash back non è però una novità, in quanto esistono già numerosi siti online che operano secondo questa logica, tra cui ad esempio Satispay.
Ciò che resta ancora da chiarire è come si intenda coprire una tale misura finanziaria: se inizialmente si era ipotizzato di farlo per mezzo degli introiti derivanti dall’aumento dell’Iva, attualmente quest’ultima misura sembra sempre meno probabile e il governo dovrà cercare quindi cercare altre strade.
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