I due magistrati impegnati nella lotta alla mafia, Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia, lanciano un nuovo allarme legato all’emergenza coronavirus. La situazione che si andrà a creare dopo la fine dell’emergenza sanitaria sarà un terreno molto fertile per la crescita della criminalità organizzata, soprattutto nel Mezzogiorno. Tartaglia ha osservato la preoccupante analogia con gli effetti della Legge del Risanamento Napoletano nel 1885. Questa, dopo una grave epidemia di colera, doveva servire a permettere una rapida ripresa economica della città. Invece, le misure ebbero l’effetto collaterale di lasciare molto spazio alla Camorra, che riuscì ad arricchirsi come non mai e ad accrescere molto il suo potere sulle amministrazioni pubbliche. Per evitare che ciò avvenga di nuovo, su scala nazionale, per i due magistrati è di fondamentale importanza che si inizino fin da subito ad elaborare dei metodi di vigilanza che vadano a prevenire il fenomeno senza rallentare troppo la ripresa.
La liquidità
L’emergenza coronavirus ha obbligato quasi tutte le realtà produttive italiane a fermare i lavori. Se le aziende più grandi dovrebbero essere in grado di sopportare il colpo lo stesso discorso non vale per le piccole e medie imprese. Lo Stato avrà grosse difficoltà a fornire a tutti gli aiuti necessari per ripartire, così in molti si troveranno a fronteggiare una grave mancanza di liquidità. Qui entra in gioco la criminalità organizzata, che dispone di enormi capitali sommersi. Quindi, gli imprenditori a rischio fallimento si rivolgeranno al mondo criminale per reperire la liquidità necessaria a mandare avanti la loro attività. Le mafie potranno così vedere moltiplicarsi i loro profitti derivanti dall’usura. Attività di questo tipo, secondo Antonino Di Matteo, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Palermo, potrebbero essere già in atto.
Oltre all’usura, rivela Di Matteo, le organizzazioni criminali starebbero pianificando un acquisto di massa delle piccole e medie imprese in difficoltà. Questa intenzione, precisa il giudice anti-mafia, è certa. Infatti, essa sarebbe emersa da indagini condotte dagli agenti dell’Intelligence italiana. In questo modo le mafie riuscirebbero a rendere più forte la loro presa sulla società civile della Penisola, oltre ad acquisire mezzi preziosi per il riciclaggio di denaro.
La bomba sociale
Come già sta emergendo dagli episodi di assalti ai supermercati a Napoli ed a Plaermo, da parte di persone con difficoltà a pagare la spesa, la fine dell’emergenza coronavirus lascerà dietro di sè una popolazione molto più povera. In tutta la Penisola ci saranno aziende costrette a tagliare il personale o che falliranno. Inoltre, in particolare nel Mezzogiorno, è molto diffuso il lavoro in nero. L’emergenza sanitaria è critica più che mai per i dipendenti illegali, che non possono usufruire della cassa integrazione. La criminalità organizzata da sempre trova nelle fasce più povere una base fondamentale da cui trarre manodopera. Inoltre, anche in questo caso, sarà molto favorita l’usura, con un gran numero di persone impoverite, senza la possibilità di ottenere prestiti dalle banche ma con un impellente bisogno di soldi per sopravvivere.
Grandi investimenti pubblici
Roberto Tartaglia, consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, ha fatto presente, intervistato dall’Agi, che i grossi finanziamenti pubblici sono da sempre la maggiore opportunità di guadagno per la mafia italiana. Le organizzazioni criminali della Penisola, soprattutto grazie ai loro numerosi legami con la politica nazionale e, soprattutto, locale, sono abili come poche altre a dirottare nelle loro casse i finanziamenti statali. In particolare questo avviene per mezzo degli appalti truccati, ottenuti tramite ricatti e corruzione. Strutture ed infrastrutture vengono prese a carico da società legate alla malavita, che riescono ad intascarsi buona parte dei fondi utilizzando materiali scadenti, non idonei, riducendo al minimo le spese reali.
Sottovalutare i rischi
Dopo la fine dell’emergenza coronavirus ci sarà molta fretta di risollevare l’economia. Questo, fra le varie cose, richiederà una semplificazione delle norme al fine di accelerare i tempi. Tuttavia, in mancanza di misure di vigilanza efficaci, questo potrebbe portare ad ignorare le attività mafiose fino a che non sarà troppo tardi. L’idea, citata da Tartaglia, secondo cui <<occorre ripartire, in qualsiasi modo ed a qualsiasi costo>> potrebbe rivelarsi molto pericolosa nel lungo termine. Infatti, trascurare il rischio di infiltrazioni mafiose nel rilancio dell’economia porterebbe solo ad una ripresa apparente.
Prima di tutto le organizzazioni criminali potrebbero acquisire posizioni di forza notevoli, che riuscirebbero a conservare probabilmente per decenni. Con un rilancio dei mercati contaminato in modo significativo dalla mafia, nell’immediato sembrerebbe che i risultati ci siano. Tuttavia, nel tempo, l’Italia si ritroverebbe intasata da aziende improduttive finalizzate al riciclaggio e ad altre attività illecite. Inoltre, un gran numero di appalti truccati genererebbe in non molto tempo una serie di malfunzionamenti e crolli, andando di fatto in buona parte a vanificare l’impegno dello Stato.