Il 28 giugno 2017 la World Bank ha lanciato due Pandemic Bond dal valore complessivo di 320 milioni di dollari per finanziare – come il nome stesso suggerisce – dei programmi di ristrutturazione nel caso in cui scoppiasse una catastrofe planetaria. Ma se fino a pochi mesi fa questa poteva sembrare una “scommessa” ormai vinta, con la dichiarazione dell’attuale stato di pandemia il rischio di perdere il capitale investito in queste obbligazioni è un’ipotesi che si fa sempre più reale.
Come funzionano i Pandemic Bond?
I Pandemic Bond funzionano come dei veri e propri contratti assicurativi, con l’obiettivo di finanziare i paesi più deboli nel caso in cui si diffondesse una pandemia. Essi si suddividono in due classi. Il Bond di classe A, meno rischioso, ha un valore di 225 milioni di dollari e un tasso annuo del 6,5%, ed è legato alle pandemie di influenza o di coronavirus. Quello di classe B, più rischioso, è invece legato a una più ampia varietà di casistiche (ad esempio l’Ebola): il suo valore è di 95 milioni di dollari e corrisponde un tasso annuo dell’11,1%.
Nel caso in cui la pandemia dovesse realmente verificarsi, la perdita massima per il Bond di classe A è del 16,67%, mentre per chi ha investito in quelli di classe B il rischio è di perdere fino al 100% del capitale. Valevole per entrambi, invece, è la scadenza prevista per il 15 luglio 2020, con possibilità di rinnovo mensile fino a un massimo di 12 mesi.
Cosa aspettarsi con la pandemia del Coronavirus?
La perdita da Covid-19 potrebbe essere appunto del 16,7% per i Bond di classe A e del 100% per quelli di classe B. La Banca Mondiale ha affidato a una società specializzata, la Air Worldwide Corporation, il diritto di decidere se i Bond dovranno essere rimborsati o meno. Già nel 2018 il rischio di perdita di capitale si era fatto quasi certo, quando la diffusione dell’Ebola uccise più di 2000 persone. Solo il fatto che la malattia fosse rimasta circoscritta al Congo – e quindi non si fossero verificate ulteriori 20 morti in altri paesi – aveva impedito di soddisfare tutti i criteri necessari alla loro attivazione.
Ma a fronte degli oltre 200 mila contagi e 8 mila morti in tutto il mondo, gli investitori stanno già iniziando a rassegarsi all’idea di perdere tutto (o quasi) il capitale investito. Alla fine dei conti l’affare non è stato dei migliori nemmeno per la Banca Mondiale, che tra interessi e commissioni ha dovuto pagare una somma pari a 150 milioni di dollari per poterne ottenere al massimo 196 milioni dal coronavirus. Noccioline, se si pensa che devono essere divisi tra 67 nazioni povere.
Quando si potrà sapere qualcosa in più?
Chi ha investito in queste obbligazioni potrà sapere che fine farà il proprio capitale solo dopo il 23 marzo 2020, in quanto dovranno essere trascorse almeno 12 settimane dall’inizio ufficiale dell’epidemia, fissata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) al 31 dicembre 2019.
Le critiche e i dubbi che aleggiano attorno a questi Bond sono diversi. Da una parte c’è chi le considera delle scommesse immorali sulla vita altrui, eppure nessun investitore sarebbe felice nel veder scoppiare una pandemia e far sì che il suo capitale vada in fumo. Chi ne ha fatto esperienza, invece, solleva critiche sul fatto che i costi della pandemia vengano trasferiti tutti sul mercato dei capitali – o «sui più ricchi», come alcuni tendono a sottolineare – senza però fare cenno ai 96 milioni di dollari che questi Bond hanno emesso fino a febbraio 2020.
Certamente questi strumenti possono – e devono – essere ulteriormente affinati in termini di trasparenza e di tempestività nella loro attuazione, ma possono rivelarsi molto utili per far sì che il peso di una catastrofe imprevista non ricada esclusivamente sulle spalle dei governi, ma possa beneficiare anche dell’aiuto dei più innovativi strumenti finanziari.