Secondo la società di ratings S&P Global Ratings, il 2020 è stato un anno da record per numero di default sovrani: sono stati sette in totale, e hanno riguardato Argentina, Ecuador, Libano, Zambia, Belize e Suriname (due volte).
Cos’è il debito sovrano?
La dichiarazione di default arriva quando un Paese non riesce a ripagare una parte dei propri debiti sovrani, e chiede la sospensione o il rinvio di un pagamento riguardante, ad esempio, i propri titoli di Stato.
Una volta in default, il Paese avvia delle contrattazioni con i creditori per rivedere i termini dei prestiti, e raggiungere un accordo che viene definito ristrutturazione del debito: ad esempio, i creditori rinunceranno a una parte di interessi o alla riduzione del prestito, per ottenere almeno una parte di ciò che spetta loro.
I default sovrani del 2020
L’unico dei sette non legato alla pandemia è il default del Libano, dichiarato il 7 marzo 2020 quando il governo ha mancato il pagamento di un bond in valuta estera per il valore di $1,2 miliardi. Alla base del default del libano c’è una situazione di crisi economica che va avanti da anni, e un eccessivo indebitamento che non è più risultato sostenibile.
Legati trasversalmente alla pandemia sono invece i default degli altri Paesi. L’Equador, ad esempio, ha sofferto il crollo dei prezzi del petrolio, e ha chiesto in agosto il rinvio di una rata da $800 milioni per dei bond in scadenza.
La Repubblica del Suriname, piccolo paese sudamericano ed ex colonia olandese che ha dichiarato il default due volte, ad aprile e a novembre, ha visto mancare risorse derivanti dal petrolio e dalle esportazioni di materie preziose. È stato così impossibile per un’economia in crisi da anni sostenere il debito di fronte all’arrivo della pandemia.
Simile è la dinamica del default dello Zambia, che era comunque tra i paesi africani più indebitati, e si è vista mancare diverse entrate anche a causa del crollo delle esportazioni di rame.
Tornando in Sudamerica c’è poi il Belize, che ha dichiarato il quarto default da quando S&P Global Ratings ne analizza i conti pubblici. Per il piccolo paese caraibico la causa principale dell’insolvenza è stata il crollo del turismo, sua principale fonte di entrate.
Non poteva poi mancare, suo malgrado, l’Argentina, un Paese che da quasi un secolo incontra ciclicamente difficoltà nella gestione del debito, aggravato in questo caso dallo scoppio della crisi sanitaria. Secondo S&P Global ratings per l’Argentina si tratta del quinto default soltanto dal 2001, scattato per mancati pagamenti di bond in aprile e in giugno del 2020.
Il debito pubblico durante la pandemia
Come si può capire dagli esempi del 2020, i Paesi vanno in default innanzitutto perché hanno elevati livelli di debito pubblico rispetto al proprio PIL.
È infatti dall’economia reale che provengono le risorse per ripagare i debiti, e fintanto che l’economia cresce, o almeno regge, il Paese riesce a ripagare i debiti a ogni scadenza e ad ottenere nuovi prestiti.
Questi due elementi muovono le dinamiche del debito pubblico. In un momento di pandemia, innanzitutto è stato necessario per molti Paesi aumentare la spesa, e quindi fare ulteriore debito, proprio per affrontare l’emergenza sanitaria.
Dall’altra, però, sono venute a mancare le entrate per diversi motivi (dalle esportazioni dei Paesi meno colpiti, al blocco delle attività nei Paesi direttamente interessati dalla pandemia). Questo ha fatto sì che sempre più economie entrassero in recessione, per alcune questo ha significato non avere più risorse sufficienti a pagare i debiti.
Le conseguenze del default per un Paese
Le implicazioni di un default riguardano principalmente la reputazione del Paese nei confronti dei creditori. Infatti, dopo il default, il Paese verrà percepito come più rischioso, e per emettere nuovo debito sarà costretto a pagare interessi più alti ai nuovi creditori.