Il 18 maggio 2020 è stata presentata la proposta franco-tedesca su come impostare il Recovery Fund per la fase post coronavirus. Questa consiste nell’incaricare la Commissione Europea di raccogliere 500 miliardi di euro attraverso titoli obbligazionari da emettere sui mercati. Si tratterebbe di un vero e proprio debito comune UE provvisorio, con modalità molto simile agli Eurobond, o Coronabond, proposti in precedenza da Italia e Francia. Il Recovery Fund dovrà essere destinato solo a quei Paesi, come l’Italia in particolare, che non dispongono di una sufficiente liquidità per risollevare la loro economia al termine dell’emergenza sanitaria. L’assegnazione del denaro messo a disposizione, secondo la proposta franco-tedesca, sarà incondizionata. Quindi, a differenza che con il Mes, non potranno esserci penalità né obblighi di bilancio per chi ne usufruirà. Il Recovery Fund impostato in questo modo, sommato al PEPP della BCE, potrebbe rappresentare una vera ancora di salvezza per i Paesi più esposti agli effetti della crisi economica dovuta al Covid-19.
La proposta franco-tedesca dovrà essere approvata all’unanimità da tutti gli Stati membri dell’UE. Essa, quindi, incontrerà diversi ostacoli e non sarà facile realizzarla. Tuttavia, essa rappresenta una svolta storica per la linea politica tedesca in Europa. Proprio l’appoggio della Germania potrebbe dare al nuovo Recovery Fund la spinta per farlo accettare anche agli Stati ancora scettici, in particolare Austria ed Olanda.
Indice
- Confronto fra Coronabond e Recovery Fund franco-tedesco
- Un passo storico da parte della Germania
- La situazione italiana
Confronto fra Coronabond e Recovery Fund franco-tedesco
Il Recovery Fund franco-tedesco di fatto andrebbe ad instaurare un meccanismo in tutto e per tutto simile a quello pensato da Italia e Francia con i Coronabond. La differenza principale sta nel garante, che non sarebbe più la Banca Centrale Europea ma la Commissione Europea. Il debito derivante dai titoli obbligazionari, quindi, diventerebbe a carico di tutti i Paesi membri dell’UE, anche quelli che non fanno parte dell’eurozona, ovvero che non hanno adottato la moneta unica. Esso, secondo la proposta, sarà ripagato attraverso il bilancio dell’Unione Europea, con ogni Paese che dovrà stanziare una percentuale del budget in proporzione al suo PIL. Quindi il Recovery Fund diventerebbe uno strumento di condivisione del peso della crisi ancora più ampio rispetto ai Coronabond.
Recovery Fund e PEPP
L’idea iniziale dei Coronabond proposta da Italia e Francia prevedeva di incaricare la Banca Centrale Europea di raccogliere 1.000 miliardi di euro attraverso titoli obbligazionari. La nuova proposta legata al Recovery Fund, invece, prevede 500 miliardi. Tuttavia, in realtà, il supporto ai Paesi più in difficoltà non dovrebbe essere minore. Al Recovery Fund, infatti, si aggiunge il programma PEPP della BCE. Questo prevede un piano di acquisto, da parte della massima istituzione finanziaria dell’Unione, di titoli obbligazionari di enti pubblici e privati a tassi d’interesse vicini allo zero per 750 miliardi di dollari. Tale cifra, secondo le dichiarazioni dei portavoce della Banca Centrale, potrebbe essere alzata nei prossimi mesi. Già così, comunque, si parlerebbe di più di mille miliardi di euro messi a disposizione degli Stati europei con maggiori difficoltà economiche.
Un passo storico da parte della Germania
La Germania fin dalla nascita dell’Unione Europea è stata sempre caratterizzata da un atteggiamento molto severo nei confronti dei bilanci degli Stati membri. Il culmine di tale linea politica ci fu con la crisi dei debiti sovrani europei, iniziata nel 2010 come conseguenza della crisi del 2008. Qui a fronte di uno shock asimmetrico dovuto alla maggiore esposizione di alcuni Paesi agli effetti della crisi, soprattutto a causa del debito pubblico troppo elevato in relazione al PIL, Berlino fu il maggiore promotore delle molto criticate politiche di austerità. L’idea era di porre come priorità il mettere sotto controllo il debito dei Paesi che lo avevano troppo elevato in relazione al PIL.
Fine dell’austerità?
Con l’austerità si fa rientrare il rapporto debito\PIL, rendendo il Paese che la attua meno sensibile ad eventuali crisi future. Tuttavia, allo stesso tempo tale politica obbliga lo Stato interessato a rallentare di molto la sua crescita economica. Nel promuoverla la Germania e gli altri Paesi che la appoggiavano puntavano a ridurre al minimo la condivisione dei rischi fra membri dell’UE. Promuovendo il finanziamento del Recovery Fund tramite titoli obbligazionari comuni e senza condizioni la Germania ha mostrato una svolta storica nella sua linea politica in Europa. Invece di lavorare solo sulla stabilità, la nuova priorità diventa, per la prima volta nel governo di Berlino, il concreto supporto economico ai Paesi più colpiti.
La divisione degli oneri
Con il Recovery Fund franco-tedesco il costo delle obbligazioni da ripagare sarebbe per il 27% a carico della Germania, che non ne usufruirà, e per l’11% a carico dell’Italia, che sarà il Paese ad averne più bisogno.
La situazione italiana
L’Italia è il Paese europeo che, preso da solo, si trova nella posizione più svantaggiata nell’ottica della fase post-coronavirus. La Penisola, infatti, a fine 2019 presentava un debito pubblico pari a circa 2,7 bilioni di euro (2.700 miliardi), ovvero il 134,8% del PIL. Per il 2020 è previsto un crollo del Prodotto Interno Lordo italiano superiore al 9%, affiancato da un considerevole aumento dei soldi presi in prestito dallo Stato per far fronte all’emergenza. Il rapporto debito\PIL, quindi, è destinato a crescere a livelli critici.
La difficoltà con i titoli di Stato
La situazione del debito renderà molto difficile per l’Italia, nella fase post-coronavirus, ottenere la liquidità necessaria per stimolare una ripresa economica senza il sostegno dell’Europa. La vendita di titoli di Stato infatti diventerà molto difficile, come mostra l’analisi dell’agenzia Fitch Ratings che li ha declassati al livello BBB-, ovvero li ha reputati un investimento molto pericoloso.
Il dilemma italiano e la possibile via d’uscita
Le strade per l’Italia da sola sarebbero due. Una è quella di alzare i tassi d’interesse per i suoi titoli di Stato, ottenendo la liquidità ma esponendosi alzando moltissimo il rapporto debito\PIL, rischiando una catastrofe nel caso in cui non si raggiungessero in tempo gli obbiettivi prefissati. L’altra sarebbe di contenere il debito dovendosi limitare ad un supporto molto limitato alle imprese, le quali non riuscirebbero a riprendersi per decenni.
Il dilemma può essere sciolto solo da un serio intervento da parte dell’Unione Europea, come potrebbe essere con il Recovery Fund franco tedesco. Così, infatti, l’Italia potrebbe disporre della liquidità necessaria a far ripartire l’economia senza doversi mettere in pericolo alzando troppo il debito pubblico. Allo stesso tempo, con gli aiuti incondizionati, la Penisola non sarebbe costretta a bloccare la sua crescita dovendo attuare politiche di austerità.