Dopo una seduta record del Consiglio europeo, composto dai capi di Stato e di governo dei paesi dell’Unione Europea, è stato trovato l’accordo sul Recovery Fund e sugli altri finanziamenti. Il “Deal” è stato annunciato con un tweet dal Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel alle 5.31 di mattina del 21 Luglio 2020, dopo un’intensa nottata di discussioni e quasi un giorno in più di contrattazioni rispetto al programma.
Il Recovery Fund è stato il grande protagonista dei mesi precedenti, principale strumento di finanziamento per le manovre degli Stati europei contro la crisi economica causata dalla pandemia e dal lockdown. Ora possiamo dire come sarà configurato: 750 miliardi di euro di cui 360 in prestiti e 390 in sovvenzioni a fondo perduto.
La Commissione Europea si finanzia sui mercati
I 750 miliardi di euro saranno raccolti dalla Commissione Europea emettendo obbligazioni sui mercati internazionali. I proventi dell’emissione verranno poi redistribuiti ai singoli Stati secondo necessità. Sebbene altri enti comunitari, come la Banca Europea degli Investimenti, abbiano già emesso obbligazioni, questa è la prima volta che l’organo di governo europeo, ossia la Commissione Europea, porta avanti un’azione così unificante dal punto di vista finanziario.
Si tratta del primo grande passo verso un’integrazione fiscale europea. Con politiche di investimento e piani decisi al livello comunitari e soltanto eseguiti al livello nazionale. Il vantaggio dell’emissione di obbligazioni comunitarie invece che dei singoli paesi sussiste nel fatto che l’UE si frappone tra i mercati e gli Stati europei. In tal modo viene mitigato il rischio sostenuto dagli investitori nel prestare fondi a paesi in difficoltà e, di conseguenza, si abbassa il costo del debito per tutti gli Stati che avrebbero dovuto cercare le risorse sui mercati autonomamente.
Parte delle risorse verrà anche raccolta con nuove tasse, da introdurre nei prossimi anni nei singoli paesi membri, riguardanti l’uso della plastica, i profitti dalle vendite digitali e nuove tariffe sulle emissioni di carbonio da estendere anche al trasporto aereo e marittimo.
Il Recovery Fund per l’Italia
L’Italia è la prima beneficiaria del piano con ben 209 miliardi euro, una cifra importante a disposizione dal 2021 e per investimenti fino al 2023. Di questi, €127 miliardi saranno sotto forma di prestiti che si andranno a sommare al debito pubblico italiano, ma €81 miliardi circa saranno corrisposti come sovvenzioni a fondo perduto.
Il piano è ufficialmente chiamato “Next Generation EU” e contiene al suo interno anche investimenti comunitari riguardanti la sanità, l’istruzione e la ricerca, attraverso programmi minori rispetto al più vasto Recovery and Resilience Facility. Dietro l’Italia, il secondo paese a beneficiare del fondo sarà la Spagna: entrambi i paesi, infatti, diventeranno per i prossimi 7 anni dei beneficiari netti delle risorse UE, versando meno di quanto riceveranno. Ciò comporterà nel lungo periodo una maggiore contribuzione, ma si spera che gli effetti della crisi economica saranno calati nel frattempo.
La Governance del Recovery Fund
Si è parlato spesso di governance in riferimento a come verranno investiti i soldi del Recovery fund e quali saranno i controlli sulle spese. E’ forse il punto sul quale i paesi “frugali” hanno spinto di più e, di conseguenza, sul quale hanno raggiunto i maggiori obiettivi.
Infatti, per usufruire dei capitali europei, bisognerà presentare un Piano Nazionale dell Riforme alla Commissione. Quest’ultima valuterà se il PNR rispecchi gli obiettivi legati alla digitalizzazione e agli investimenti Green. Inoltre, ogni Stato riceverà raccomandazioni specifiche legate alla sua particolare situazione macroeconomica, quindi il livello di disoccupazione, la crescita economica ed altri fattori.
Dopo la valutazione della Commissione entro due mesi, dovrà essere il Consiglio Europeo ad approvarli entro quattro settimane. L’approvazione da parte del Consiglio sarà a maggioranza qualificata, senza unanimità o possibilità di veto. Se i rappresentanti di paesi che complessivamente raggiungono il 35% della popolazione europea dovessero sollevare criticità, allora l’approvazione potrebbe essere bloccata. In questo modo è stata sterilizzata la possibilità di ostruzionismo da parte di piccoli paesi in un secondo momento.
Freno di Emergenza del Recovery Fund
Fortemente voluto da Mark Rutte, capo di Governo olandese, il freno di emergenza sembra essere lo scotto da pagare per aver approvato un piano di tale portata e per potersi difendere alle prossime elezioni in patria.
Dopo l’approvazione da parte del Consiglio Europeo, ogni Paese avrà 3 giorni per sollevare delle critiche ai PNR approvati degli altri paesi, richiedendo che vengano esaminati in maniera più approfondita dal Consiglio Europeo. A questo punto il Consiglio avrà tre mesi per valutare il PNR e dare una risposta definitiva.
L’ipotesi che uno strumento del genere possa essere usato nella realtà sembra essere molto remota, perché innescherebbe delle dinamiche internazionali che porterebbero a importanti fratture.