A inizio aprile 2021 nessun Paese ha ancora presentato una versione ufficiale del Recovery Plan nazionale alla Commissione Europea. Il motivo è anche nelle raccomandazioni della Commissione stessa, che ha chiesto la massima cura nei processi di revisione. Per sbloccare i 672 miliardi di euro del Recovery and Resilience Facility, la parte più consistente del cosiddetto Recovery Fund, sono necessari due passaggi. Ogni Recovery Plan deve essere approvato prima dal relativo governo nazionale e poi dalla Commissione Europea. I documenti non includono solo i piani di spesa relativi ai fondi del programma Next Generation EU, il Recovery Fund, ma anche i progetti da finanziare con i capitali propri dei Paesi.
La scadenza dei Recovery Plan
I Recovery Plan dovranno essere consegnati nella loro versione definitiva alla Commissione Europea entro il 30 aprile 2021. La Commissione Europea, poi, dovrà valutare ed approvare i testi entro il 30 giugno. Se anche un solo Stato non dovesse presentare un piano in tempo o ne presentasse uno non accettabile per la Commissione, i fondi di tutti resterebbero bloccati. Le scadenze possono essere posticipate ma per diversi Paesi i fondi sono un’esigenza urgente per evitare il collasso del sistema economico interno.
Gli Stati con problemi
Al 30 marzo 2021 molti Paesi europei non hanno ancora approvato una prima bozza completa per il loro Recovery Plan. Soprattutto, sono indietro Finlandia, Estonia, Lituania, Slovenia, Croazia, Romania, Irlanda, Olanda, Ungheria e Polonia. Quest’ultima si trova in una situazione critica, con la discussione sul piano di ripresa che sta rischiando di causare la caduta del governo. Il Paese dell’Europa Orientale rappresenta il pericolo più concreto per la riuscita del programma Next Generation EU.
In Germania una bozza completa del Recovery Plan è stata approvata a larga maggioranza. Tuttavia, la ratifica è sospesa a causa di un ricorso che chiede alla Corte costituzionale tedesca di annullare il risultato del voto. L’esposto è stato presentato dall’economista di orientamento sovranista Bernd Lucke, fondatore del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD). Secondo Lucke, si tratta di una decisione illegale in quanto lo Stato starebbe compiendo in modo consapevole azioni ai danni del popolo tedesco. Gli altri Paesi europei, secondo l’economista, non riusciranno a mantenere gli impegni presi ed a pagare la loro quota del debito comune, trascinando anche la Germania in una grave crisi economica.
Il ricorso, simile a quello presentato nel 2015 contro il Quantitative Easing, ha possibilità quasi nulle di essere accolto dalla Corte costituzionale. L’iter per questi processi, però, può richiedere tempi lunghi. Anche se gli alti magistrati tedeschi hanno dichiarato che accelereranno le procedure, è comunque possibile che la Germania non riuscirà a rispettare la scadenza del 30 aprile.
Gli Stati in fase più avanzata
Il miglior lavoro con i Recovery Plan è stato fatto in Francia, Spagna, Portogallo, Slovacchia e Grecia, che hanno già approvato una bozza completa e stanno dialogando con la Commissione Europea per definire gli ultimi dettagli. In particolare, il piano più solido e ambizioso è quello approvato dal governo greco, che prevede 160 progetti ben definiti e finalizzati soprattutto alla modernizzazione dell’economia ellenica. In totale Atene impiegherà 57 miliardi di euro, 31 dal Recovery Fund ed il resto da raccogliere attraverso investimenti privati e, in misura minore, prestiti.
L’Italia non ha ancora approvato una bozza completa, anche a causa della caduta del governo a inizio anno. Tuttavia, il governo sta compiendo le ultime modifiche e, nei prossimi giorni, il testo dovrebbe essere pronto al voto del Parlamento.