Secondo il rapporto dell’organizzazione ONU International Labour Organization (ILO) pubblicato il 2 dicembre 2020, fra il 2016 ed il 2019 gli stipendi medi nel mondo sono aumentati di una percentuale compresa fra 1,6% e 2,2% l’anno. Il risultato è trainato in modo particolare dalla Cina, che hanno registrato un incremento dei salari medi circa del 10% l’anno, senza i quali la crescita globale sarebbe compresa fra lo 0,9% e l’1,6%. Nel 2020 invece, con la crisi dovuta alla pandemia, l’ILO ha segnalato un calo degli stipendi medi circa in 2/3 dei Paesi per cui sono disponibili dati. Tuttavia, nella media vengono considerati solo gli stipendi pagati e non chi ha perso o non ha un lavoro. Per questo, in molti dei Paesi per cui si rileva un 2020 in positivo per i salari, il fenomeno è dovuto soprattutto ad un maggiore impatto sull’occupazione delle fasce a reddito più basso che, uscendo dalla statistica, fanno alzare la media.
La composizione del lavoro
Fra i Paesi per i quali si sono registrati stipendi medi in crescita nel 2020 ci sono Stati Uniti (circa +6%), Italia (circa +5%), Canada (circa +7%), Brasile (circa +10%) e Francia (circa +5%). Questo non dipende da un reale miglioramento, quanto dal fatto che i cittadini a basso reddito sono stati più colpiti, nella loro occupazione, di quelli ad alto reddito. Infatti, in Stati che hanno attuato politiche più efficaci in difesa del lavoro si osserva una più forte tendenza a ribasso, come nella Corea del Sud (circa -5%), in Giappone (circa -5%), nel Regno Unito (circa -1,5%) e nella Finlandia (circa -3%).
L’aumento degli stipendi medi dovuto alle persone a basso reddito che hanno perso il lavoro può essere classificato, secondo l’ILO, come un fenomeno detto effetto di composizione. La variazione positiva è dovuta ad un cambiamento nella composizione del lavoro, con meno stipendi bassi rispetto a quelli più alti, e non ad un miglioramento delle occupazioni disponibili.
Di norma l’effetto di composizione sui salari si manifesta con un aumento del tasso di disoccupazione affiancato da una corrispondente crescita degli stipendi medi. Tale dinamica si è presentata in modo tipico negli Stati Uniti ed in Canada, mentre i dati sono meno lineari per quanto riguarda casi come Francia e Italia, dove il tasso di disoccupazione risulta essere perfino sceso. In realtà, però, il tasso di disoccupazione da solo può essere fuorviante, in quanto si calcolano come disoccupate solo le persone che non hanno un impiego e lo stanno cercando. Nel 2020 molti di quelli rimasti senza lavoro hanno aspettato la fine dell’emergenza pandemica, e delle relative limitazioni al movimento, per iniziare a cercare una nuova occupazione.
In Italia nonostante il blocco dei licenziamenti tanti lavoratori precari, a tempo determinato o su chiamata, molto comuni nella Penisola, hanno comunque perso il lavoro, non vedendosi rinnovati i contratti.
La reale situazione in Europa
L’Eurostat ha pubblicato ad aprile 2021 i dati sui soldi impiegati per gli stipendi nei diversi Paesi in termini assoluti. Il valore totale dei salari pagati in Italia è sceso del 7,47% nel 2020 rispetto al 2019, in calo di 39,2 miliardi di euro, contro una media europea dell’1,92%. Considerando le altre maggiori economie UE, in Francia c’è stato un -3,42% ed in Germania un -0,87%.