Il gas naturale è uno dei combustibili fossili più pregiati, ha un’origine simile a quella del petrolio ed infatti viene estratto sempre attraverso la così detta Torre Derrick. In Russia, Medio Oriente e negli USA ci sono i maggiori giacimenti riservati all’estrazione del gas. Attraverso lavorazioni successive si avvia un processo di liquefazione atto a ricavare il GNL (Gas Naturale Liquefatto), che è molto più commerciabile poiché ha un volume specifico seicento volte inferiore e perciò costi di stoccaggio e di trasporto inferiori.
Lo squilibrio del mercato
Gli analisti hanno segnalato una situazione di debolezza del mercato del gas derivante da un forte squilibrio tra domanda ed offerta. L’Europa non è più in grado di assorbire gli eccessi d’offerta, soprattutto provenienti dagli Stati Uniti. La società spagnola Endesa, ad esempio, avrebbe respinto alcune metaniere pronte al refill in primavera. Secondo alcune indiscrezioni il fornitore di gas è Cheniere Energy, società texana prima negli Stati Uniti ad aver avviato le esportazioni di GNL. Secondo Bloomberg, anche la società Repsol avrebbe respinto i carichi.
Analizzando la contrattualistica è possibile evincere che il recesso è permesso con un preavviso di 45-60 giorni, ma sebbene lecito è dovuta comunque una tassa fissa che va da $3,50 a $2,49 per milioni di British thermal units in base all’impianto di estrazione, se Corpus Christi o Sabine Pass, rispettivamente in Texas e Louisiana.
L’effetto sui prezzi
Questo eccesso di offerta ha spinto a ribasso i prezzi rendendo poco conveniente anche la rivendita dei carichi a terzi. Il riscaldamento globale non ha sicuramente contribuito alla ripresa del mercato, infatti in molti paesi a causa dell’inverno mite non è stato necessario consumare grandi quantità di gas. Con l’arrivo delle stagioni più calde un ulteriore stoccaggio sarà ancora meno probabile.
Secondo Montel, la società norvegese di analisi dei mercati energetici, il GNL americano in Europa a inizio 2020 si vende a circa 5$/MMBtu corrispondente a 15,80 euro per Megawattora, mentre sul mercato asiatico si vende a 9,50€/MWh. Al TfF, il maggiore hub europeo, i prezzi sono ai minimi dal 2010.
Il mercato statunitense
Le conseguenze negative del mercato si stanno riperquotendo anche negli Stati Uniti. In alcune aree si registrano scambi a 2 dollari/MMBtu. Gli operatori in molti casi non possono evitare di estrarre il gas insieme al petrolio e, per non pagarne la lavorazione ed il trasporto, preferiscono bruciarlo attraverso il flaring, una pratica molto inquinante che genera l’iconica fiammata sopra le torri petrolifere.