L’offerta di acquisizione proposta da Intesa Sanpaolo ad Ubi Banca era aggressiva, perché mirava ad acquistare la totalità delle azioni di Ubi. Con l’operazione infatti, per cui erano stati offerti 4,9 miliardi di euro, Intesa avrebbe dato vita al terzo gruppo bancario europeo per capitalizzazione di mercato (arrivando a valere 48 miliardi di euro). Inoltre questo sarebbe arrivato ad avere in gestione circa il 20% del denaro presente nelle banche italiane, rafforzando la sua posizione nel panorama domestico degli investimenti privati. Eppure, stando alle recenti dichiarazioni dei principali azionisti di Ubi Banca, sembra che la fusione, almeno nei termini proposti da Intesa, sia fuori discussione.
Le reazioni
Dopo la notizia dell’offerta di acquisizione a sorpresa, annunciata dal Cda d’Intesa Sanpaolo, il settore bancario italiano ha guadagnato nel complesso il 2,55%, sintomo che il mercato era fiducioso che le trattative sarebbero andate avanti. In particolare, il titolo di Intesa è salito del 2,4% mentre quello Ubi ha registrato un +22,6%. Eppure il 20 febbraio, pochi giorni dopo l’offerta, è arrivato il netto rifiuto da parte del banco dei soci UBI, che hanno descritto la proposta come <<ostile ed inaccettabile>>. Che il percorso non sarebbe stato una passeggiata, tuttavia, era chiaro anche a Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, che si era dichiarato cauto circa l’ipotesi che l’accordo andasse in porto.
Gli svantaggi dell’operazione
Il comunicato del Car, il gruppo, creato dal patto di consultazione, che detiene il 17,8% delle quote di UBI Banca è stato chiaro: l’offerta di Intesa Sanpaolo è stata giudicata del tutto inadeguata. Secondo diversi analisti, in effetti, nonostante in un’ottica di breve periodo la fusione sia apparentemente sensata, soprattutto per quanto riguarda un maggiore consolidamento nel panorama europeo, nel lungo termine invece potrebbe non essere così conveniente. Intesa è stata accusata di aver fatto leva su una bassa capitalizzazione azionaria per beneficiare di una posizione di predominanza nelletrattative. Tuttavia ad Intesa rimane ancora uno spiraglio, in quanto il Car, pur detenendo la quota maggiore rispetto all’ecosistema degli altri azionisti, possiede solo il 18% di UBI mentre la soglia Opa, per dare l’ok alla fusione, è superiore al 30%. Tuttavia è difficile che questa possa andare in porto senza l’approvazione del principale gruppo di azionisti UBI.