Jean Pierre Mustier, CEO di Unicredit, il 6 novembre 2019 ha ottenuto il voto unanime del suo consiglio di amministrazione per vendere tutte le quote di Mediobanca in possesso della sua società, ovvero l’8,8%. Erano le ultime azioni di una realtà italiana nel portafoglio della banca gestita da Mustier.
Perché Unicredit ha lasciato Mediobanca
La vendita delle quote di Mediobanca da parte di Unicredit era un’intenzione che Mustier aveva anticipato da mesi. Infatti, il CEO dell’istituto di credito aveva più volte precisato che l’interesse della sua società per Mediobanca era solo finanziario e non strategico. Questo significa che Unicredit, maggiore azionista di Mediobanca prima del 6 novembre, non aveva nessun interesse a rimanere nel consiglio di amministrazione di quest’ultima ma aspettava solo il momento giusto per vendere con il massimo profitto.
La vendita delle quote e lo spazio lasciato a Del Vecchio
Il 6 novembre 2019 è stata la data perfetta per vendere. Infatti, quel giorno, Mediobanca ha raggiunto il valore di 10,78 euro ad azione, permettendo ad Unicredit di dare via tutte le quote in suo possesso con un incasso di 800 milioni di euro. La maggior parte delle azioni messe in vendita sono state destinate ad investitori istituzionali.
Anche Leonardo Del Vecchio ha voluto approfittare della situazione. Attraverso la sua società, Delfin, con sede a Torino, che già a settembre aveva acquistato il 7,5% delle quote di Mediobanca, ha fatto salire la percentuale in suo possesso al 10%, diventando il nuovo azionista di maggioranza della banca.
Il futuro di Mediobanca
L’operazione di Unicredit è stata molto ben accolta dalla BCE. Infatti, sia Unicredit che Mediobanca si occupano di investment banking, il che le rende concorrenti. Il fatto che nel consiglio d’amministrazione della seconda ci fossero rappresentanti della banca di Mustier generava un conflitto di interessi più volte criticato dalla Banca Centrale Europea.
I vertici di Mediobanca hanno accolto con molta positività la notizia. Infatti la banca si avvia così a diventare sempre di più una public company, ovvero una società nella quale le azioni sono divise fra tanti piccoli investitori. Questa situazione lascerà molto più spazio di manovra e potere decisionale all’amministrazione della banca.