In questi giorni l’opinione pubblica non parla d’altro che dell’attacco ordinato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump con droni nella capitale dell’Iraq, Baghdad, che ha portato all’uccisione del Generale iraniano Qassem Soleimani, uno degli uomini considerati più importanti in Iran. Il Times lo aveva inserito nella lista delle venti persone che potrebbero dare forma al mondo nel 2020.
Dopo l’attacco missilistico diverse testate giornalistiche hanno rispolverato la prima pagina del New York Times del 1998 dove si può evincere la somiglianza tra il bombardamento del 3 gennaio e quello ordinato dal presidente Clinton nel ’98 contro l’Iraq.
È tornato così in auge il termine «wag the dog» che perlopiù piace agli amanti del complotto. Con l’espressione “«wag the dog» si intende un colloquialismo per cui l’attenzione si sposta da un topic importante ad uno meno importante. Il termine trova origine dal detto «a dog is smarter than its tail, but if the tail were smarter, then it would wag the dog» (in italiano: un cane è più intelligente della sua coda, ma se la coda fosse più intelligente allora scuoterebbe/scodinzolerebbe il cane). Si può trovare l’utilizzo di questo termine per la prima volta in un articolo del quotidiano The Daily Republican del 1871 riguardo una convention dei democratici.
La teoria del wag the dog piace anche ai giornalisti quando si parla di spostare l’attenzione da uno scandalo politico, magari attraverso una rappresaglia militare. Alcuni accusano in questi giorni Trump di fare proprio questo. Infatti il bombardamento iracheno sarebbe un modo per mettere in secondo piano il procedimento in corso di impeachment. Per rinfrescare la memoria per impeachment si intende un procedimento con la quale si mette in stato d’accusa un titolare di carica pubblica accusato di aver commesso un illecito durante l’esercizio della propria funzione. Prima di Trump solo altri due presidenti sono stati posti sotto impeachment: Richard Nixon e Bill Clinton.
Il caso di impeachment di Nixon è famosissimo e noto come scandalo Watergate. In quel frangente solo la discussione sui bombardamenti in Cambogia durante la guerra del Vietnam riuscì, sebbene in modo marginale, ad interferire col processo. Nixon comunque si dimise successivamente.
Il caso più simile a quello attuale è invece quello con l’ex presidente Bill Clinton. L’ex presidente ordinò anch’egli un bombardamento aereo contro l’Iraq e fu posto sotto impeachment (spergiuro e ostruzione alla giustizia).
La somiglianza è curiosa ma ad onor del vero Clinton ordinò l’attacco il 17 dicembre 1998, due giorni prima di essere messo in stato di accusa. Invece Trump al momento dell’ordine contro il generale Soleimani era già sotto impeachment dal 24 settembre 2019. Sebbene ciò alcune indiscrezioni sottolineano che nel caso Clinton il voto per l’impeachment della Camera fu rimandato a causa del bombardamento, mentre nel caso Trump l’attacco è avvenuto il giorno prima che il Senato si riunisse per iniziare a discutere del processo. Questo, secondo quanto dichiarato dal leader del senato McConnell, farà slittare l’avvio del processo poiché l’aula sarà occupata per discutere sulla questione iraniana.
Queste teorie non hanno alcun fondamento provato ma contribuiscono a creare quell’alone di complottismo che tanto piace all’opinione pubblica quando si parla di Usa. Comunque è noto che una politica estera forte piace ed è un buon presupposto in vista delle elezioni politiche. Twitter, infatti, ha ricordato a Trump cosa lui stesso scrisse sul social nel 2011 sull’allora presidente Obama, prevedendo che (Obama) avrebbe iniziato una guerra contro l’Iran per essere rieletto. Previsione che poi, in quel caso, non si avverò.