A partire dal 2009 in avanti, circa $20 miliardi sono stati investiti in 435 agenzie spaziali, tra cui spiccano senz’altro SpaceX ed Amazon (fonte: Space Angels). Prima dell’avvento di Elon Musk e Jeff Bezos, si era soliti coprire le zone scoperte dalla rete lanciando nello spazio satelliti geostazionari della dimensione di un autobus (altitudine: 35.800 km). Ora, invece, si predilige l’utilizzo di satelliti più piccoli, chiamati Low Earth Orbiting, capaci di orbitare ad altitudini più basse, comprese fra i 160 km e 1.000 km. La ragione di questa scelta è principalmente legata al minor costo.
I satelliti LEO
La filosofia dei satelliti LEO è stata sposata anche da OneWeb, start-up tecnologica che dal momento della sua fondazione (2012) ad oggi ha attirato l’attenzione di importanti investitori come SoftBank, Virgin Group, Qualcomm, Airbus, Coca-Cola, Grupo Salinas e Bharti Enterprises, i quali hanno finanziato complessivamente $3,4 miliardi. La mission dell’azienda era ben chiara: collegare tutti, ovunque, arrivando a coprire regioni remote, navi e persino aerei. Per poter far ciò, il progetto originario prevedeva il lancio di 640 satelliti LEO. Attualmente, sono 74 i satelliti OneWeb in orbita.
L’effeto coronavirus
L’arrivo del Covid-19 e il crollo dei mercati in tutto il mondo ha però costretto l’azienda a presentare istanza di fallimento venerdì scorso. Da settimane OneWeb era in trattativa con SoftBank, suo principale investitore, per una nuova iniezione di capitale necessaria a ristabilire la fiducia degli attuali investitori ed attirarne di nuovi. Tuttavia, il dilagare della pandemia di coronavirus ha causato la perdita in borsa di molte delle aziende nelle quali SoftBank ha pesantemente investito, come Uber, WeWork, Grab e Didi Chuxing. La holding giapponese guidata da Masayoshi Son si è vista così costretta a rinunciare ad elargire il nuovo finanziamento richiesto da OneWeb, condannando di fatto l’azienda.